Premessa – Ai fini del calcolo della base di computo dei contratti a termine, che determina il limite massimo di lavoratori a tempo determinato assumibili in un’azienda, i lavoratori part-time vengono considerati pro-quota, vale a dire per l’orario di lavoro prestato. Pertanto, un’azienda che occupa fino a 5 dipendenti ha la possibilità di poter impiegare due ulteriori lavoratori a tempo parziale (anziché uno a tempo pieno), in quanto vengono considerate come un’unica unità lavorativa. A chiarirlo è il parere n. 2 della Fondazione Studi CdL.
Il quesito – Gli esperti della Fondazione Studi CdL sono stati interrogati da un’azienda che occupa 5 dipendenti a tempo indeterminato in merito alla possibilità di poter assumere due ulteriori dipendenti a tempo parziale. L’istante, in particolare, chiede se in tal caso vengono violati i nuovi limiti numerici introdotti nel contratto a termine dal Jobs act (L. n. 76/2014), oppure se i due lavoratori a part-time possono essere considerati come una unità lavorativa.
Limiti di assunzione – In via preliminare è bene ricordare come il Jobs act, nel liberalizzare l’istituto del contratto a termine, abbia allo stesso tempo introdotto una soglia massima di assunzione sul totale degli impiegati, pari al 20%. Percentuale, questa, che deve essere calcolata in riferimento al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione. Per quanto concerne le realtà imprenditoriali più piccole, vale a dire le imprese che occupano fino a 5 dipendenti (come nel caso di specie), viene comunque concessa loro la possibilità di stipulare un contratto a termine.
Lavoratori part-time - Rimane aperto, tuttavia, il tema delle modalità di computo del limite legale di contingentamento con particolare riguardo ai lavoratori a tempo parziale. Sul punto, il Ministero del Welfare ha precisato che per la determinazione della base di computo inerente i lavoratori a tempo indeterminato in forza presso il datore di lavoro, “i lavoratori part-time i computano secondo la disciplina di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 61/2000”. Pertanto, nella base di calcolo del 20%, i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in proporzione all’orario svolto rispetto al tempo pieno. Tale interpretazione viene sostenuta anche dal fatto di evitare una generale discriminazione dei rapporti a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno. Infatti, sarebbe ingiusto pensare che, rispetto al raggiungimento del limite legale del 20%, un contratto di lavoro a tempo pieno e uno a tempo parziale vengano posti allo stesso piano, quindi calcolati come un’unica unità lavorativa. In questo caso il datore di lavoro sarebbe disincentivato ad assumere a tempo parziale poiché questo contratto rischierebbe di esaurire, o a contenere, il già ridotto plafond a disposizione dell’azienda.
Conclusione - Ciò detto, gli esperti della Fondazione Studi affermano che anche per le aziende fino a 5 dipendenti, il riferimento legislativo a un "contratto" deve essere interpretato, dunque computato, in proporzione all'orario svolto se l'assunzione dovesse riguardare lavoratori a tempo parziale. Spetta poi all’organo ispettivo verificare se dietro quest’ultima configurazione si possa nascondere un comportamento illecito del datore di lavoro.
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