1 agosto 2012

Riforma del lavoro. Part-time meno flessibile

La Fondazione Studi C.d.L. analizza gli aspetti critici delle novità in materia di lavoro part-time

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – Con l’entrata in vigore in via definitiva della riforma del lavoro (L. n. 92/2012), il lavoro a tempo parziale ha subito una forte limitazione alla facoltà di variare l'orario di lavoro e di modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa. Dal 18 luglio u.s., infatti, sono i contratti collettivi a stabilire le condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l'eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed elastiche. È questo in sostanza il parere degli esperti della Fondazione Studi C.d.l. che analizzano le novità contenuti nella riforma Fornero in materia di lavoro part-time.

La novità – L’attuale riforma del welfare interessa due diverse fattispecie, entrambe collocate nell’articolo 3 del D.Lgs. n. 61 del 25 febbraio 2000. La prima riguarda alla possibilità di intervento e di regolamentazione affidata ai contratti collettivi che ora possono stabilire:
- le condizioni e le modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile), ovvero può variare in aumento la durata della medesima (clausola elastica);
- i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.
E non solo. Al lavoratore è riconosciuta la facoltà, in determinati casi, di revocare il consenso prestato all'inserimento di clausole flessibili o elastiche.

Il parere dei C.d.L. - Secondo la Fondazione Studi, si tratta di una previsione tassativa di ipotesi che, senza necessità di un intervento della contrattazione collettiva, permettono al lavoratore di annullare i patti siglati per la flessibilità di orario. Nella norma, continuano i C.d.L., però non vengono stabiliti i termini entro i quali il lavoratore deve manifestare la propria volontà di recedere dagli accordi di flessibilità presi e questo mancato paletto potrebbe creare una situazione di difficoltà nell’organizzazione del lavoro nell’ipotesi in cui avvenga a ridosso della programmata prestazione.

La revoca – Nel dettaglio, le opzioni di revoca possono essere esercitati nei seguenti casi: lavoratori affetti da patologie oncologiche, accertata da una commissione medica istituita presso l’ASL; sussistenza di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice; lavoratore o lavoratrice che assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa che assuma connotazione di gravità, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%, con necessità di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; lavoratore o lavoratrice, con figlio convivente non superiore a 13 anni; lavoratore o lavoratrice con figlio convivente portatore di handicap; lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali.
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