25 febbraio 2016

Sistema delle quote: requisiti pensionistici in aumento

Dal 1° gennaio 2016 bisogna aspettare 3 mesi in più per collocarsi a risposo con il c.d. “sistema delle quote”

Autore: Daniele Bonaddio
È diventata una chimera ormai. Un obiettivo che per molti rischia di diventare solo un sogno (purtroppo irrealizzabile) dopo anni di sacrifici e soprattutto dopo anni di regolari e tempestivi versamenti contributivi all’INPS. Infatti, dopo la Riforma “lacrime e sangue” della Fornero e del Prof. Mario Monti (art. 24 della L. n. 214/2011), è stato stravolto l’accesso al sistema pensionistico, aumentandone i requisiti, sia anagrafici che contributivi. E come se non bastasse, la pensione è stata ancorata agli incrementi della speranza di vita stimata dall’ISTAT che, dal 1° gennaio 2016, sono stati disciplinati dal D.I. (Lavoro-Economia) del 16 dicembre 2014, il quale ha disposto che: “A decorrere dal 1° gennaio 2016, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici di cui all'art. 12, commi 12-bis e 12-quater, fermo restando quanto previsto dall'ultimo periodo del predetto comma 12-quater, del Decreto-Legge 30 luglio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni e integrazioni, sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla Tabella B allegata alla Legge 23 agosto 2004, n.243, e successive modificazioni, sono ulteriormente incrementati di 0,3 unità”.
Dunque, non sfuggono ai nuovi requisiti pensionistici i lavoratori che si avvalgono del c.d. “sistema delle quote”, per i quali la pensione si allontana di 3 mesi.

Sistema delle quote - In particolare, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto alla pensione con il sistema delle c.d. “quote”, possono conseguire tale diritto al maturare dei seguenti requisiti:
35 anni di contributi + 61 anni e 7 mesi d’età per i lavoratori dipendenti (fermo restando il raggiungimento di quota 97,6);
35 anni di contributi + 62 anni e 7 mesi d’età per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS (fermo restando il raggiungimento di quota 98,6).

Facciamo degli esempi.

Esempio 1: iscritto FPLD
Verifica dell’età al 31 ottobre 2016 per un lavoratore nato il 20 marzo 1955:
• l’età del lavoratore è di 61 anni e 225 giorni pari a (61+225/365)=61,616 anni
Al 31 ottobre 2016 ha un’anzianità contributiva di 1877 settimane pari a 1877/52 = 36,096 anni
La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 31 ottobre 2016 è pari a 61,616 + 36,096 = 97,712
Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.

Esempio 2: iscritto ai Fondi esclusivi dell’AGO
Verifica dell’età al 1° dicembre 2016 per un lavoratore nato il 20 marzo 1955:
• l’età del lavoratore è di 61 anni e 256 giorni pari a(61+256/365)=61,701 anni.
Al 1° dicembre 2016 ha un’anzianità contributiva di 35 anni, 10 mesi e 24 giorni.
L’anzianità è quindi di 35 anni e 324 giorni pari a (35 + 324/360) = 35,900.
La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 1° dicembre 2016 è pari a 61,701 + 35,900 = 97,601.
Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimi di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.

Soggetti interessati – Si ricorda, infine, che attualmente il sistema delle quote interessa solo due categorie specifiche di lavoratori:
1. coloro che hanno beneficiato degli interventi di salvaguardia (c.d. esodati), per i quali la legge prevede esplicitamente, al fine di facilitarne il pensionamento, che per essi continuino a rimanere valide le regole in vigore prima della Riforma Fornero. Si tratta, in particolare, di coloro che, oltre ad aver beneficiato di un intervento di salvaguardia, avevano anche perso il proprio posto di lavoro entro il 2011, pur avendo già avviato trattative con il datore di lavoro per il pensionamento, da attuare nei mesi successivi a quello in cui è avvenuto il licenziamento;
2. coloro che hanno svolto nella loro carriera lavori usuranti, particolarmente faticosi o notturni (ai sensi del D.Lgs. 67/2011) per i quali la riforma ha esplicitamente mantenuto in vigore il sistema delle quote.
Per tali categorie di lavoratori si applicano ancora le c.d. “finestre mobili”, che fanno slittare l’accesso al pensionamento di 12 mesi per i dipendenti ovvero 18 mesi per gli autonomi.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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