Le cinque vittime della devastante esplosione alla raffineria “Eni” di Calenzano, non sono che gli ultimi nomi che si aggiungono ad una scia di sangue infinita che ha reso il 2024 uno fra gli anni peggiori di sempre per le morti sul lavoro: 890 indicenti mortali, il 2,5% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo rileva l’Inail, aggiungendo al conto quasi mezzo milione di denunce di infortunio (+0.4% annuo).
Nel 2023, con 1.041 incidenti mortali avvenuti sul posto di lavoro, non era andata meglio: tre morti al giorno fra cantieri, fabbriche, campi o lungo le strade, raggiungendo il luogo di lavoro. Ma a fare ancora più impressione sono altre cifre, come quelle che riguardano un arco di tempo ancora più ampio, concentrato gli anni tra il 1983 ed il 2018, quando gli omicidi riferibili alla criminalità organizzata sono stati 6.681, mentre i morti sul lavoro 55mila, con una media di 1.200 vittime all’anno.
E tutto questo conteggiando soltanto gli infortuni mortali accertati, quelli che riguardano lavoratori regolari, perché inserendo nel conto anche le stime delle morti di extracomunitari senza permesso di soggiorno di cui non si sa nulla, il numero diventerebbe quello di una vera ecatombe.
Una strage inaccettabile che per anni si è riempita di sdegno, indignazione e promesse disattese, a cui il Governo ha deciso di mettere un freno deciso: nel corso di un’intervista televisiva, il vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha annunciato che “I lavori della Commissione del ministero della Giustizia che si sta occupando delle norme riguardanti la sicurezza sul lavoro sono in dirittura d’arrivo. Entro pochi giorni depositeremo la relazione e una proposta per una nuova fattispecie di reato di ‘omicidio sul lavoro’ che conterrà specifiche aggravanti per chi non adempie ai fondamentali obblighi di prevenzione. Chi avrà posto in essere tutte le condotte di protezione dei lavoratori e avrà adottato un efficace modello organizzativo potrà beneficiare di un trattamento premiale, ferma la piena responsabilità per il risarcimento del danno. È una normativa che propone una severa componente sanzionatoria ma, nel contempo, cerca efficacemente di prevenire gli infortuni”.
Un documento che ha richiesto quasi otto mesi di lavoro da parte della commissione di studio per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro insediatasi lo scorso aprile, composta dallo stesso vice-ministro, dal presidente dell’Inail Fabrizio D’Ascenzo, oltre a diversi esperti di diritto e docenti universitari. Al gruppo è stato affidato il compito di analizzare l’attuale quadro normativo alla ricerca di limiti, criticità e prospettive, per arrivare a stilare proposte di modifica.
L’obiettivo a breve termine sarà quello di assicurare l’acquisto e l’implementazione dei dispositivi di prevenzione individuale, stabilendo un canale di collaborazione col mondo delle imprese per riuscire ad invertire un trend negativo del tutto inaccettabile contro cui, più volte, si è espresso anche il Presidente Mattarella.
Secondo gli esperti, è interessante come il nuovo sistema voglia incoraggiare le buone pratiche attraverso il meccanismo degli incentivi, premiando le aziende disposte ad adottare modelli organizzativi che includono la formazione continua, tecnologie avanzate per la sicurezza e audit periodici, ricevendo in cambio una sorta di scudo protettivo, a patto che gli infortuni non dipendano da colpe o omissioni accertate dalle indagini.
Lo spettro di conseguenze severe potrebbe realmente portare ad un innalzamento del senso di responsabilità delle aziende, anche se in proposito non mancano le voci opposte, come quella del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, che fino a pochi mesi fa si diceva contrario all’introduzione del reato di omicidio sul lavoro, perché “Con l'esperienza dell’omicidio stradale, che ha aumentato a dismisura la pena, gli incidenti non sono diminuiti ma aumentati”.
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