Il nuovo D.L. recante misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese sospende il cashback. Una misura che, lo scorso 8 dicembre, il Governo Conte varava con lo scopo di accelerare sull’utilizzo dei pagamenti elettronici al fine di poter intercettare anche spese minime generalmente effettuate con moneta fisica e, quindi, suscettibili di evasione. Dal programma erano esclusi gli acquisti effettuati on-line, quelli effettuati fuori dal territorio dello Stato e quelli con addebito diretto su conto corrente. Per avere diritto al rimborso pari al 10% dell’importo speso per ogni transazione (con un massimo di 150 euro complessivi e di 15 euro di rimborso per ogni singola spesa) sarebbe stato necessario almeno 50 transazioni nel semestre e, fino a circa metà maggio 2021, hanno aderito al programma 8,6 milioni di cittadini che hanno eseguito circa 545 milioni di transazioni.
Nonostante numeri apparentemente significativi, il cashback non è però stato in grado di convincere i policy-maker ad estenderne l’uso, tanto da sospenderlo con l’inizio del nuovo mese.
In effetti, le criticità sono sempre state notevoli.
Dall’inizio dell’anno a fine aprile, per esempio, il cash-back non è stato in grado di cambiare significativamente il comportamento dei consumatori nell’acquisto di beni dal prezzo inferiore ai 10 euro.
Basti pensare che, al 30 di aprile, la Corte dei Conti segnalava che i pagamenti avvenuti tramite adesione al cash-back tra gli 0 ed i 5 euro rappresentavano solo l’1.1%, mentre tra i 5 ed i 10 euro le spese effettuate elettronicamente da chi ha aderito alla misura venivano quantificate solo al 3.1%.
Un vero e proprio flop a cui va indubitabilmente aggiunto un altro fattore ai fini della misurabilità della policy.
Allo scopo di effettuare le prime valutazioni sull’effetto della misura, sono stati richiesti al Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze alcuni dati e informazioni. Più specificamente è stato chiesto: l’ammontare in valore assoluto delle transazioni ripartito in classi di valore; la disaggregazione del numero di operazioni per utente ad integrazione di quella già presente nella sezione “I numeri del Cashback” del sito io.italia.it; il numero di esercizi, negozi, ecc. disaggregati per codice Ateco o per raggruppamenti di attività e il relativo numero di operazioni complessivamente effettuate. Una ulteriore richiesta ha riguardato la distribuzione su base regionale dei medesimi raggruppamenti. Tuttavia, il Dipartimento si è limitato a fornire i soli dati relativi alla disaggregazione delle transazioni per classi di importo e la distribuzione del numero di utenti per fasce di operazioni. Questo perché l’Amministrazione Finanziaria non sarebbe deputata a richiedere per motivi di privacy dati di cui normalmente dispongono gli stessi operatori privati attraverso cui si effettuano i pagamenti.
Un impedimento non indifferente che bloccherebbe di fatto gli effettivi sviluppi della policy. Tale mancanza di dati non permette infatti la profilazione di incentivi targettizzati sulle serie storiche delle transazioni avvenute sulla base dei rispettivi settori degli operatori commerciale. Per esempio, attraverso i dati preclusi all’Amministrazione sarebbero potuti emergere indizi sull’affinamento degli incentivi per spese minime effettuate presso un semplice panificio ed altre effettuate presso gli operatori della grande distribuzione.
A proposito di operatori della grande distribuzione, una delle controversie ampiamente dibattute sulla stampa nei primi tempi di entrata in vigore della misura è stata quella dei micro-pagamenti effettuati a distanza di brevissimo tempo, spesso nella stessa giornata e presso il medesimo operatore al fine di frammentare/frazionare la spesa su un dato acquisto all’unico scopo di aumentare il numero delle transazioni necessarie per accedere al Super-cashback.
Il Super-cashback presentava la possibilità di accedere ad un premio di 1500 euro ai primi 100 mila utenti per numero di operazioni nel semestre. Un premio che la Corte dei Conti ha recentemente definito “eccessivo” e che, paradossalmente, avrebbe anche potuto fungere da disincentivo per la partecipazione alla gara.
Attraverso la sospensione della misura, “successivamente al 30 giugno 2021, il Ministero dell’Economia e delle finanze effettua rilevazioni periodiche relative all’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici, sulla base del supporto informativo fornito dalla Banca d’Italia”.
Insomma, la policy è solo sospesa. Non abrogata. È valida ma bisogna prendersi del tempo per superare le criticità fino ad ora emerse e poterla affinare.
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