Cominciamo ad abituarci ad un termine destinato a cambiare ancora una volta le nostre abitudini: il “metaverso”. Il termine, preso a prestito dalla letteratura fantascientifica, nasce dal tamponamento a catena di due parole: “Meta” – oltre – e “verso”, a sua volta contrazione di universo. In pratica, uno spazio virtuale collettivo in cui convivono realtà fisica e virtuale.
È l’idea a cui lavora Mark Zuckerberg pensando al futuro di “Facebook”, la sua creatura più celebre, discussa e a volte discutibile. In pratica, l’uomo che ha asciugato amicizie e conoscenza a forza di like ed emoticons, immagina una realtà tecnicamente complicata, una sorta di universo virtuale online che possa superare i confini delle diverse piattaforme social. “L’espressione suprema della tecnologia social - l’ha definita – qualcosa che sarà una sorta di ibrido tra le piattaforme social odierne, solo che ci ‘vivremo’ dentro, con esperienze individuali molto più vicine a quelle fisiche”.
Forte di 3,5 miliardi di utenti attivi ogni mese e di un fatturato pari a 29 miliardi di dollari, 28,5 dei quali derivati dalla pubblicità, Zuckerberg sa bene che non può permettersi il lusso di diventare “superato”: per questo ha messo al lavoro il “Reality Labs”, un team di superesperti a cui ha affidato un budget di 5 miliardi di dollari e un obiettivo: sviluppare delle piazze digitali in cui i suoi utenti possano incontrarsi “con un senso di presenza reale”.
Non è un caso che poco prima di svelare il progetto metaverso, Mark abbia accennato alla collaborazione con “RayBan” per degli “smart glasses” che permettano l’immersione nel mondo virtuale dei social: saranno belli, efficaci e soprattutto a basso costo, ha aggiunto, non tanto perché gli importi delle finanze altrui, ma per aprire l’esperienza del metaverso alla massa.
“I creator e gli oggetti digitali avranno un ruolo enorme per il modo in cui le persone potranno esprimersi attraverso gli avatar, e questo sarà foriero di nuove esperienze e opportunità economiche. Buona parte dell’esperienza di metaverso è teletrasportarsi da un social all’altro, portando con sé tutto l’inventario di asset digitali”.
Secondo gli esperti è la seconda puntata di un tentativo già tentato anni fa, quando l’ego smisurato di Zuckerberg l’aveva spinto a immaginare Facebook come la porta principale di accesso al web. Un’idea che agli altri colossi non era piaciuta per niente, anzi, questa volta rimpiazzata da un tentativo più scaltro di richiesta di cooperazione. Restano da risolvere problemi a cui nessuno al momento ha fatto cenno, come superare l’enorme diversità di accesso al web: non tutti nel mondo possono contare su connessioni veloci e stabili, e neanche di device sufficientemente potenti.
In realtà, aggiungono gli esperti, il metaverso esiste già da tempo: i primi esempi di utilizzo sono legati ai giochi multiplayer che creavano community, come “World of Warcraft” e “Second Life”. Al momento l’utilizzo si limita a piattaforme precise e chiuse che si occupano per lo più di criptovalute. Ma è un altro indizio, leggendo fra le righe, che porta dritto alla criptomoneta che Zuckerberg ha sviluppato in team con altre società, facilmente destinata a diventare la moneta ufficiale del nuovo mondo che sta creando Mark.
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