Introdotta nel “Jobs Act” voluto dal governo Renzi nel 2015, la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è una misura creata per garantire una continuità di reddito a “coloro che incorrono nella disoccupazione non volontaria, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni”.
Ma con un emendamento alla consueta Legge di Bilancio, vero tormentone di questi mesi, il Governo ha voluto prendere in considerazione alcune variazioni, a cominciare dalla norma secondo cui dal prossimo 10 gennaio chi avrà dato spontaneamente le dimissioni da un lavoro a tempo indeterminato nell’arco dei 12 mesi precedenti potrà accedere alla NASpI in caso di licenziamento da una posizione lavorativa occupata successivamente, solo se avrà accumulato almeno tredici settimane di contribuzione con il nuovo impiego. È uno dei requisiti necessari per accedere alla NASpI, insieme ad altre voci, come i motivi che hanno portato al licenziamento, che deve essere avvenuto per cause non imputabili al lavoratore, come il licenziamento individuale, collettivo o la scadenza del contratto a termine.
In pratica, i lavoratori che scelgono di dimettersi volontariamente non avranno diritto alla NASpI, a meno che le dimissioni non siano motivate da una giusta causa, come il mancato pagamento dello stipendio o condizioni di lavoro insostenibili.
Una vigorosa stretta al sussidio che complica un po’ le regole per riuscire ad ottenerlo, visto che i lavoratori che si dimettono e vengono successivamente licenziati dopo una breve rioccupazione non potranno più richiedere l'indennità, a meno che non abbiano maturato almeno 13 settimane di contributi nel nuovo lavoro. Un cambiamento che punta a scongiurare il fenomeno delle dimissioni strategiche seguite da riassunzioni brevi (spesso utilizzate dai datori di lavoro per ridurre i contributi all’Inps) o licenziamenti concordati dai cosiddetti “furbetti della NASpI” per ottenere l’indennità.
“Questo emendamento ha una finalità antielusiva - ha commentato la ministra del Lavoro Marina Calderone - per quanto riguarda la NASpI dopo essersi dimesso da un impiego e l'instaurazione di un rapporto di brevissima durata seguita da un licenziamento. Non è un riconoscimento della NASpI a seguito di dimissioni volontarie”.
L’importo della NASpI varia in base al reddito percepito nei quattro anni precedenti alla domanda: se è inferiore all'importo di riferimento stabilito dalla legge (1425,21 euro per il 2024), l’indennità è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni. Se invece la retribuzione media è superiore all'importo di riferimento, l’indennità è calcolata aggiungendo al 75% dell'importo di riferimento annuo il 25% della differenza tra la retribuzione media mensile e l'importo stabilito. Dal 91esimo giorno di fruizione, all’indennità viene applicata una riduzione del 3% per ciascun mese successivo.
La domanda va presentata all’Inps esclusivamente per via telematica, solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro. In caso di svolgimento di attività lavorativa - autonoma o subordinata che sia - l’importo dell’indennità si riduce in base a criteri dettagliati dall’Inps su un’apposita scheda. Ma è importante ricordare anche che i periodi di fruizione della NASpI sono coperti da contribuzione figurativa, accreditati in automatico senza oneri a carico del lavoratore. La contribuzione figurativa non spetta invece per i beneficiari della NASpI anticipata.
Oltre alla revisione della NASpI, si va verso l’allargamento della platea dell'assegno di inclusione. Un altro emendamento alla Manovra porta da 9.360 a 10.140 euro la soglia di reddito ISEE da non superare per poter richiedere il contributo statale, sale da 6.000 a 6.500 euro il valore del reddito familiare massimo e da 7.560 a 8.190 euro la soglia di reddito massima per i nuclei con anziani o disabili. Nei primi sei mesi del 2024, l’importo medio erogato dall’Inps per l’Adi è stato di 618 euro al mese, per 697.640 nuclei familiari.
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