Annunciato da tempo, il CdM ha finalmente dato il via libera al cosiddetto “DDL Montagna”, un pacchetto di norme, leggi e agevolazioni che riscrivono totalmente la legge più recente in materia, la n. 97 del 1994.
Un iter lunghissimo, iniziato addirittura sotto il governo Draghi e spinto più di recente dal ministro per gli Affari regionali Calderoli, con l’idea di “riconoscere e promuovere le peculiarità delle zone montane, assicurando tutela dei diritti civili-sociali in quei territori e garantendo un reale godimento dei servizi pubblici essenziali ai cittadini come scuola e sanità”.
Primo e fondamentale passaggio della “Strategia per la montagna italiana” sono le nuove norme per classificare le zone montane, comuni in cui almeno l’80% della superficie sia al di sopra dei 600 slm ma con peculiarità che saranno chiarite da un Dpcm entro 90 giorni dall’entrate in vigore della legge. Attualmente si contano 4.100 municipalità in quota, pari al 49% dei comuni italiani.
La strategia, con validità triennale e risorse iniziali pari a 100 milioni di euro (che dovrebbero superare il miliardo entro il 2033), punta a valorizzare la crescita delle zone montane italiane, diventate un obiettivo di interesse nazionale con implicazioni culturali, paesaggistiche, florofaunistiche, turistiche e di salvaguardia della biodiversità, utili per invertire il fenomeno dello spopolamento che vivono da tempo le montagne italiane. Proprio per favorire la popolazione residente e invogliare under 41 che decidono di trasferirsi in comuni montani fino a 5mila abitanti, è previsto un esonero per lo smart working pari al 100% della quota a carico del datore di lavoro fino a 8mila euro per ogni dipendente a tempo indeterminato.
È la parte più consistente del DDL, quella dedicata alla tutela e la salvaguardia del territorio, che concede a contributi sotto forma di credito d’imposta, pari al 10% del totale investito entro il tetto massimo di 4 milioni, per coloro che investono in opere che possano portare beneficio a clima e ambiente. A questo si lega anche il capitolo dedicato allo sviluppo economico delle zone montane, con il riconoscimento delle “professioni di montagna” (guide alpine, accompagnatori, guide vulcanologhe, maestri di sci, gestori di rifugi), con un credito d’imposta riservato a microimprese “giovani” concesso nel limite di 20 milioni e utilizzabile soltanto in compensazione.
Tra le diverse misure previste spicca la pioggia di bonus per favorire la nascita e l’avvio di nuove attività che, dal 1° gennaio scorso, concedono a titolari d’azienda con meno di 41 anni un credito d’imposta utilizzabile per il periodo di avvio dell’attività e per i due successivi. Un altro intervento altrettanto importante (sempre rivolto agli under 41), riguarda un credito d’imposta sugli interessi passivi, nel limite massimo di 16 milioni di euro, per chi acquista o ristruttura un’abitazione in un comune montano. Il bonus riguarda soltanto immobili diversi da quelli classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Per quanti invece si trasferiscono in affitto, è riconosciuto un credito d’imposta pari al minor importo tra il 60% del canone annuo e 2.500 euro. E per risolvere il problema delle proprietà frammentate, tipico delle zone montane, è prevista la nascita del Registro Nazionale dei terreni silenti, i cui proprietari di ruderi o porzioni di terre sono sconosciuti o irrintracciabili.
Tra gli interventi di natura incentivante anche uno per sostenere la sanità nei centri di montagna, con l’incentivo di un punteggio doppio per ogni anno di attività di medici, infermieri e operatori che prestano servizio nei centri montani, con il cumulo di tre anni sufficiente per diventare titolo preferenziale per l’accesso al ruolo di direttore sanitario. Previsto anche un pacchetto di incentivi, con punteggi che saranno valutati in sede di contrattazione collettiva nazionale, per docenti e insegnanti che prestano servizio nelle zone di montagna.
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