È una sorta di mappa dell’evasione fiscale in Italia, quella tracciata da Andrea De Gennaro, comandante generale della Guardia di Finanza, in audizione alla Commissione Finanze del Senato. Ne viene fuori un quadro per molti versi sconsolante, in cui diventa chiaro che l’evasione è un male difficile da estirpare e soprattutto trova sempre nuovi modi per eludere i controlli.
L’Italia, in questo, vanta dei record poco invidiabili: è il Paese europeo in cui i danni finanziari raggiungono 7,4 miliardi di euro, di cui 5,2 frutto da frodi all’Iva, dettaglio quest’ultimo che rappresenta un terzo dell’Iva complessivamente evasa in tutta la UE, con un gap di 14,6 miliardi, ovvero il 10,8% del gettito teorico.
Lo scorso anno, nel nostro Paese, i sequestri per reati tributari hanno superato gli 1,5 miliardi di euro, con un conto totale che parla di 14.500 denunce, 305 arresti, l’individuazione di 6mila evasori totali sconosciuti al Fisco, 2.800 segnalazioni alle autorità per omessa dichiarazione e la chiusura d’ufficio di oltre 2.000 partite Iva considerate “tossiche”.
E malgrado l’era del “Superbonus” sia ormai passata in archivio, tanto per fare un esempio, la piaga della cessione dei crediti non smette di macinare truffe, così come cresce l’imponente volume di “nero” assoluto che viaggia in rete. “Contrastare l’economia sommersa significa anche intercettare i nuovi mondi nei quali annidano consolidate forme di evasione fiscale totale. Mi riferisco agli innovativi contesti imprenditoriali figli della più recente evoluzione dell’economia digitale, come lo sviluppo del commercio elettronico diretto e indiretto. Si tratta di operatori non residenti che tramite le piattaforme vendono prodotti ai consumatori italiani non applicando e tantomeno versando l’imposta sul valore aggiunto, dovuta al fisco italiano in ragione delle regole di territorialità del tributo. Negli ultimi anni abbiamo investito molto in dotazioni informatiche e sull’interoperabilità delle banche dati. In questo ambito un nuovo sistema di supporto alle decisioni, denominato ‘mappatura socio-economica e criminale’, che permette ai vari livelli di comando di accedere agevolmente a centinaia di variabili economico finanziarie, con diversi livelli di approfondimento e per singoli contesti geografici, processando e geo-referenziando i principali fenomeni di illegalità”.
Tornando su uno dei punti più scottanti del report, i crediti fiscali fittizi, nel solo 2023 la GgF ha sequestrato un totale di 8,6 miliardi di euro: “Crediti che, in assenza di un intervento tempestivo e coordinato tra gli organi dell’amministrazione finanziaria sarebbero stati compensati con debiti tributari e previdenziali, con conseguenti ingenti perdite per l’erario di pari ammontare. Si tratta di crediti principalmente collegati a bonus di vario genere, un’idea che poteva essere buona in questo Paese è stata mal interpretata e ha dato vita a una serie di irregolarità di altissimo impatto. Noi vogliamo cercare di intervenire per evitare un danno, anticipando la prevenzione rispetto all’erogazione del contributo, e stiamo cercando di farlo anche nella gestione operativa del PNRR, perché quando l’erogazione è stata assegnata, il recupero diventa molto più difficile”.
Controlli e prevenzioni che comunque portano a risultati concreti, e mentre i 3,2 milioni di lettere di compliance inviate hanno permesso di recuperare 3,9 miliardi, cresce l’attesa per uno dei prossimi decreti del CdM sulla delega fiscale che dovrebbe riguardare “novità importanti” sulla riscossione, come anticipato da Giovanni Spalletta, direttore del Dipartimento delle Finanze del MEF.
Eppure, malgrado lo sconforto dei numeri, il trend sull’evasione fiscale resta positivo: “Secondo gli ultimi dati pubblicati nell’aggiornamento alla Relazione sull’economia non osservata, tra il 2016 e il 2021 l'evasione totale, sia fiscale sia contributiva, misurata dall'indicatore tax gap si è ridotta di 24,1 miliardi in valore assoluto e di oltre il 22% in termini percentuali - ha concluso Spalletta - un contributo importante è legato alla componente dal gap dell'Iva che si è ridotto tra il 2016 e il 2021 di circa 16,6 miliardi di euro, la flessione più elevata registrata nell’ambito dei Paesi UE”.