22 maggio 2024

Entro 6 anni, l’80% delle professioni sarà cambiato dall’IA

Lo dice uno studio della “ManpowerGroup Italia”, creato per diventare il tema di una giornata di approfondimento sull’Intelligenza Artificiale, secondo alcuni l’ennesima iattura per il mondo del lavoro, per altri la prova di un progresso inarrestabile

Autore: Germano Longo
Arriva l’uomo nero, il “Babau”, l’indefinibile essere amorfo, oscuro e cattivo per antonomasia che attraversa i secoli assumendo sembianze sempre nuove. L’ultima, quella più attuale, è rappresentata dall’Intelligenza Artificiale: un baratro sconosciuto e profondo verso cui l’umanità secondo qualcuno sta precipitando ben sapendo di precipitare, mentre per altri l’affascinante antipasto di un futuro straordinario che attende a braccia aperte il genere umano.

Chi ha ragione e chi torto sarà la storia a dirlo, ma intanto il Babau anno di (poca) grazia 2024 continua a guadagnare terreno, pretendendo ogni giorno di più un dazio da pagare. Fra le previsioni, spicca quella recente della “Manpower”, multinazionale americana del lavoro interinale, secondo cui entro il 2030 – appena sei anni, per chi non ha voglia di fare i calcoli – l’80% delle professioni subirà una trasformazione radicale proprio per via del proliferare della famigerata “IA”, che assai velocemente finirà per sostituire l’uomo in molti dei lavori considerati ripetitivi, soprattutto nella video sorveglianza e dello “scraping” del flusso delle comunicazioni e dei big data, ma ovviamente richiederà nuovi skills. Secondo un’indagine MEOS, a partire dai primi tre mesi del 2025 i principali settori che ricercheranno personale sono Energia (+28%), Commercio (+23%), IT (+21%) e Trasporti (+21%).

Per contro, la transizione green sarà invece capace di creare 30 milioni di posti di lavoro in più, che sarebbe un dato straordinario se non dovesse fare i conti con l’inevitabile gap delle competenze di almeno cinque diverse generazioni di persone, che si troveranno a lavorare insieme tentando di trovare un punto d’incontro tra qualifiche, obiettivi, ambizioni ed esigenze del tutto diverse.

Sono i temi di cui si discuterà in occasione di “The Exchange – disegniamo insieme il futuro del lavoro”, la prima Annual Conference di “ManpowerGroup Italia”, in programma presso il Superstudio Events di Milano, il prossimo 30 giugno. Missione della giornata: indagare le nuove tendenze che stanno rimodellando il lavoro per ridefinire i contorni delle organizzazioni di domani e dopodomani. Il tutto per arrivare alla stesura del primo Manifesto sul futuro del lavoro nell’epoca dell’intelligenza artificiale.

“Con l’Annual Conference vogliamo offrire un momento unico di discussione su alcune delle principali sfide con cui ci troviamo a confrontarci ormai quotidianamente - dichiara Anna Gionfriddo, AD di ManpowerGroup Italia - in un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale è protagonista e si fanno strada nuovi paradigmi e modelli di lavoro, anche in relazione alle sfide per la sostenibilità, sentiamo l’urgenza di fornire strumenti utili a leggere le trasformazioni che stanno interessando le aziende. Il lavoro di dibattito che faremo nel corso della giornata e da cui nascerà il Manifesto rappresenta un invito a immaginare e disegnare insieme il futuro”.

Nell’estrema incertezza che incombe sul mondo del lavoro, pari forse ad un salto mortale con doppio carpiato, diventa fondamentale un cambio di rotta tanto per le aziende quanto per i lavoratori, “Oggi sempre più orientati alla ricerca di un significato e di un valore intrinsechi nel proprio impiego chiedendo flessibilità per conciliare vita professionale e personale, opportunità per lo sviluppo continuo delle competenze, retribuzioni equa e una leadership attenta all’impatto etico e sociale. Le aziende che investono nelle proprie risorse umane e comunicano in modo chiaro ed efficace i propri obiettivi e impegni possono ottenere un vantaggio competitivo significativo. Sfruttare pienamente il potenziale dell’IA, per stimolare la crescita e aumentare la produttività, richiederà un impegno costante nel mettere al centro le persone e le loro peculiarità. Creare nuove modalità di lavoro implica quindi non solo digitalizzare i luoghi, ma renderli al contempo ancora più “umani”.
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