Senza arrivare all’allarme lanciato qualche anno fa da 57 ONG per la difesa dei diritti fondamentali, che accusava la UE di voler diventare un “Grande Fratello” che tutto pretende di sapere, è comunque vero che dalle parti di Bruxelles la fiducia verso l’operato degli Stati membri da una parte a volte vacilla, e dall’altra si fa sempre più necessaria una giurisdizione super partes che in caso di indagini internazionali sia più utile, snella, veloce e privata delle autorizzazioni e dei tempi biblici delle amministrazioni pubbliche. È un po’ questo il senso della nuova direttiva europea approvata in questi giorni dal “Coreper” (Comitato dei rappresentanti permanenti) lanciata con il nobile obiettivo di contrastare il fenomeno del denaro sporco, ma che finisce inevitabilmente con l’apparire come una forma di controllo supremo.
“Gli immobili sono un bene attraente per i criminali per riciclare i proventi delle loro attività illecite, poiché consentono di oscurare la vera fonte dei fondi e l'identità del titolare effettivo – si legge nel testo – l’identificazione corretta e tempestiva da parte delle Uif e altre autorità competenti delle proprietà così come delle persone fisiche, delle entità giuridiche e dei trust che possiedono immobili è importante sia per individuare schemi di riciclaggio di denaro sia per il congelamento e il sequestro dei beni, nonché per le misure di congelamento amministrativo che attuano sanzioni finanziarie mirate”.
In pratica, la nuova direttiva antiriciclaggio che sarà pubblicata sule Gazzetta Ufficiale UE entro la prossima estate, la sesta in materia, prevede diverse disposizioni di vigilanza e tutela finanziaria, compresa la possibilità per la UIF (Unità di Informazione Finanziaria) di accedere direttamente alle informazioni necessarie attraverso punti di accesso che saranno decisi dai singoli Stati membri entro il termine massimo di due anni. La direttiva prevede la creazione di un registro immobiliare per case e terreni, che saranno schedati con indicazioni obbligatorie precise su parcelle e riferimenti catastali, indirizzo e posizione geografica, area, dimensioni, tipo di proprietà e destinazioni d’uso. Lo stesso varrà per i proprietari, di cui oltre a nome e cognome (o forma giuridica) la UE pretende di conoscere il prezzo d’acquisto, ipoteche, restrizioni giudiziarie, diritti e storia della proprietà.
Ma non basta ancora, perché sempre a livello UE sta per nascere un registro centralizzato dedicato ai titolari di cassette di sicurezza, con tanto di indicazione di nome e cognome dei proprietari, dei conti correnti a loro intestati e dell’eventuale proprietà di criptovalute. Ancora una volta, la necessità è quella di rendere tempestive eventuali indagini: “L’accesso ritardato alle informazioni da parte degli UIF e di altre autorità competenti sull’identità dei titolari di c/c e di pagamento, conti custodiali di cripto-asset e cassette di sicurezza, in particolare quelle anonime, ostacola il rilevamento dei trasferimenti di fondi relativi al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. È quindi essenziale stabilire meccanismi automatizzati centralizzati, come un sistema di recupero dati, in tutti gli Stati membri come un mezzo efficiente per ottenere tempestivamente in caso di accesso alle informazioni sull’identità dei titolari”.
Agli stati membri è richiesto di garantire l’accesso immediato, gratuito e diretto alle informazioni da parte di autorità competenti, autorità fiscali, autorità nazionali con responsabilità designate per l’attuazione delle misure restrittive, l’autorità UE antiriciclaggio, l'Ufficio del Procuratore UE, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, Europol ed Eurojust quando forniscono supporto operativo alle autorità competenti degli stati membri e i giornalisti con interesse legittimo per la tutela del diritto di informazione.
Misure che renderanno molto più complicato intestare beni a prestanome e occultare i capitali di provenienza illecita.
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