Lo scorso 31 marzo è entrata in vigore la Legge 23 marzo 2023, n. 33, recante “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”.
Si tratta di una legge-delega - appunto - con cui il Parlamento ha attribuito al Governo la facoltà di emanare uno o più decreti legislativi volti a disciplinare una serie di interventi tendenti alla tutela della dignità ed alla promozione delle condizioni di vita, di cura e di assistenza delle persone anziane, attraverso "la ricognizione, il riordino, la semplificazione, l'integrazione e il coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle disposizioni legislative vigenti in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria alla popolazione anziana”. Il tutto in attuazione delle missioni 5 e 6 del PNRR in materia di assistenza agli anziani - in particolare non autosufficienti - che destina a tale intervento ben 3,3 miliardi.
Primariamente la legge incentiva la dignità e l’autonomia delle persone anziane, la prevenzione della fragilità di quella parte di popolazione e ‘l’invecchiamento attivo’, formula – quest’ultima- con cui si intende l’avvio di azioni finalizzate a garantire un facile accesso ai servizi sanitari e sociali; lo sviluppo di contesti urbani e piccoli centri che prevedano abitazioni adeguate; l’accesso alla mobilità, luoghi di socializzazione e la solidarietà tra le generazioni. Nello specifico, sono quindi previsti: corsi di informatica e nuove tecnologie per mantenere viva la partecipazione alla vita sociale; percorsi “per il mantenimento delle capacità fisiche, intellettive, lavorative e sociali”, con l’obiettivo “di preservare l’indipendenza funzionale in età avanzata e mantenere una buona qualità di vita”; programmi per “favorire il turismo del benessere e il turismo lento come ricerca di tranquillità fisiologica e mentale per il raggiungimento e il mantenimento di uno stato di benessere psico-fisico, mentale e sociale, che va oltre la cura delle malattie ovvero delle infermità”; interventi per la solidarietà e la coesione tra le generazioni, tramite attività nelle scuole primarie, secondarie e le università, da realizzare attraverso incontri, seminari o stage in strutture residenziali e da intendersi come esperienze extracurricolari che facciano maturare ai ragazzi dei crediti formativi.
Riguardo, invece, agli anziani che si trovano già in condizione di non autosufficienza, gli interventi previsti spaziano dal rafforzamento delle forme assistenziali presso il domicilio, anche per quanto riguarda le cure palliative, a quello delle misure in sostegno dei caregiver familiari; dalla erogazione di una sorta di ‘assegno unico universale’ (che ingloba l’accompagnamento, le prestazioni sociali e quelle sanitarie rispettivamente in capo ad Inps, Comuni e Asl, e che potrà essere corrisposto, a scelta del titolare, sotto forma di denaro oppure di prestazioni, per un totale che non potrà essere inferiore alla somma delle parti), alla creazione di apposite entità e di nuove istituzioni: il Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (col compito di promuovere il coordinamento e la programmazione integrata delle politiche nazionali in favore delle persone anziane, con particolare riguardo alle politiche per la presa in carico delle fragilità e della non autosufficienza, nonché il miglioramento qualitativo dei servizi residenziali e semiresidenziali per gli anziani) e il Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (SNAA) (col compito di procedere alla programmazione integrata, alla valutazione e al monitoraggio degli interventi e dei servizi statali e territoriali rivolti alle persone anziane non autosufficienti).
Considerata la corposità e la complessità degli interventi tracciati – di indubbia suggestione - delle revisioni che si renderanno necessarie e delle nuove entità che bisognerà mettere in piedi (che non constano, certo, soltanto di acronimi e roboanti definizioni, ma richiedono la messa in moto di pesanti macchine burocratiche), pare ottimistica la previsione che ai decreti attuativi della delega il Governo possa provvedere – come stabilito dalla relativa legge - entro 12 mesi e non oltre il 31 marzo 2024.
Tuttavia, al di là di tale considerazione e fermo restando il plauso per il tentativo di dar vita a interventi che vorrebbero favorire il tanto decantato ‘invecchiamento attivo’, mi domando però se, oltre alle trovate ‘fantasiose’ a tanto miranti, non sarebbe invece più utile considerare le esigenze più concrete con cui la popolazione anziana è costretta a scontrarsi quotidianamente per via di quel divario generazionale che non li rende abili all’impiego delle tecnologie che ormai governano anche le incombenze più spicciole. Penso a mia zia, che, avendo subito un grave infortunio fuori dalla sua regione di residenza, si è imbattuta nello scoglio dello SPID (che non possedeva) quando ha provato a richiedere la domiciliazione sanitaria temporanea altrove.
Penso a mio padre, che riscuote tuttora la sua pensione in contanti pur di non combattere con le complicazioni di un sistema di home banking che, a più di 90 anni, nemmeno si cimenta a voler comprendere e che di un ‘corso di informatica e nuove tecnologie’ non saprebbe che farsene.
E penso a quell’ ex medico spagnolo di 78 anni - Carlos San Juan – che l’anno scorso ha lanciato una petizione con lo slogan “Sono anziano, non stupido”, chiedendo alle banche un servizio più umano (inteso nel senso letterale del termine) per gli anziani vittime del divario tecnologico, stanco di sentirsi rispondere dai funzionari della sua banca, ai quali chiedeva spiegazioni per le procedure online: “Perché non torna con un parente più giovane?”
Ecco. La dignità degli anziani che bisogna salvaguardare e proteggere non è, insomma, soltanto quella fisica. Sarebbe altrettanto opportuno avere a cuore anche quella umana, per cui non servono norme, sigle e finanziamenti ma solo un briciolo di sensibilità in più.