I fondi del PNRR sono stati presentati come un vero e proprio Elisir per il rilancio dell’economia italiana. Non fosse che una delle clausole di condizionalità richieste per l'ottenimento dei fondi europei rischi ora di comprometterne l’erogazione. Una criticità evidenziata proprio recentemente dalla Corte dei Conti nella sua Memoria sulla governance del PNRR in cui viene messo nero su bianco che “come accade per i fondi strutturali, i progetti finanziati nell’ambito del NGEU saranno sottoposti ad un monitoraggio finalizzato a garantirne la corretta attuazione e, quindi, il corretto impiego delle risorse attribuite”. Un documento in cui si specifica che “gli esiti di tale monitoraggio, se sfavorevoli, potranno portare alla decurtazione delle erogazioni, a seguito della dichiarazione della relativa spesa come non eleggibile, e di conseguenza le conseguenti decertificazioni delle stesse, il cui esito finale consiste nell’obbligo di recupero al bilancio dell’Unione”.
Un monitoraggio che si baserà sulle risultanze in termini di obiettivi di policy realizzati attraverso l’uso dei fondi, anziché sulla semplice rendicontazione di spesa. Questo non significa che la rendicontazione sia irrilevante al fine delle valutazioni della Commissione Europea sullo stato dei lavori.
Proprio il regolamento UE 2021/241, nell’art. 22 specifica che “nell’attuare il dispositivo gli Stati membri, in qualità di beneficiari […] adottano tutte le misure per tutelare gli interessi dell’Unione […] in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l’individuazione e la rettifica delle frodi, dei casi di corruzione e dei conflitti d’interessi”. Fino a qui tutto bene. Non fosse che l’art. 22 prosegue specificando che “a tal fine, gli Stati membri prevedono un sistema di controllo interno efficace ed efficiente nonché provvedono al recupero degli importi erroneamente versati o utilizzati in modo non corretto”.
La domanda che vale la pena porsi, dunque, è se l’Italia disponga di un tale sistema di controllo interno “efficace ed efficiente” al fine di evitare decurtazioni dei fondi del PNRR con tanto di relative gravi ripercussioni in termini di bilancio pubblico.
In questo caso, la risposta è sicuramente negativa alla luce dell’analisi delle irregolarità riscontrate in merito all’assegnazione ed alla gestione di fondi europei precedenti al NGEU.
Basti pensare che, stando all’ultima relazione annuale della Corte dei Conti sui rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione Europea dello scorso gennaio, nell’anno di comunicazione 2019 l’ammontare totale di irregolarità e frodi tra Fonti Strutturali e Politica agricola equivale a 63.441.868 euro di cui 51.774.935 ancora da recuperare.
Per quanto riguarda i fondi UE di Programmazione 2007-2013 destinati alle regioni, gli importi irregolari segnalati equivalgono a 13.709.717 mentre quelli ancora da recuperare sono 10.574.301. Un quadro simile si verifica con la Programmazione 2014-2020 in cui, stando ai dati relativi al 2019, la quota recuperata è stata di 5.929.369 su 9.343.156 di importi irregolari.
In merito ai fondi UE per la Politica agricola, l’organismo pagatore che gestisce le segnalazioni, AGEA, ha segnalato recentemente “che le procedure finalizzate al recupero degli importi indebitamente erogati non sono state svolte conformemente alla normativa UE o hanno risentito di ritardi eccessivi nell’attività di recupero”, evidenziando come in merito ai procedimenti giudiziari pendenti “non sussista un particolare interesse istituzionale nel seguire il loro esito”.
Nel merito della questione, la Corte dei Conti non manca di esprimere profonda perplessità riguardo l’efficacia e l’efficienza di tali strumenti di controllo, proprio riferendosi alla “sostanziale eliminazione della colpa grave quale presupposto per la responsabilità erariale per gli interventi legati al PNRR” che, secondo la Corte, non sarebbero coerenti né con il Diritto dell’Unione né con gli articoli 3, 28, 81 e 97 della Carta Costituzionale.
Dettagli che rischiano di compromettere l’erogazione dei fondi UE previsti dal PNRR, portando “alla sospensione e alla risoluzione degli accordi relativi al sostegno finanziario” come previsto proprio dal regolamento UE 2021/241 relativo alla tutela degli interessi dell’Unione.
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