Ogni giorno, per dieci anni esatti, l’Italia ha dato l’addio a 42 piccole imprese che rappresentavano la speranza di disegnare il proprio futuro di una moltitudine di under 35. Dal 2014 al 2024 significa partire da 640mila attività per arrivare a quota 486mila, ovvero 153mila piccole luci che si sono spente nel solito silenzio assordante di cui l’Italia è maestra.
Si tratta dei devastanti numeri divulgati da Unioncamere-InfoCamere relativi alla nati-mortalità delle imprese giovanili, una foto panoramica e di gruppo che la dice lunga sulla trasformazione del tessuto imprenditoriale in atto nel nostro Paese. Numeri che in fondo fanno il paio con un altro studio recente, questa volta realizzato dalla Fondazione Nord-Est e dedicata alla fuga dei giovani verso l’estero, fenomeno in qualche modo legato a filo doppio alla moria delle imprese under 35. “Il dato è figlio del contesto economico ma è chiaro che su di esso ha pesato l'invecchiamento della popolazione - ha aggiunto Andrea Prete, presidente di Unioncamere - ricordiamo che secondo il Cnel negli ultimi 20anni abbiamo registrato oltre due milioni di lavoratori under 35 in meno”.
Il calo non ha fatti sconti, toccando quasi tutti i principali settori economici, ma con alcune differenze assai marcate. I servizi alle imprese, ad esempio, registrano una crescita del 3,5%, con quasi 2000 imprese giovanili in più registrate nello stesso decennio preso in esame, e a crescere sono anche le microaziende dedicate alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (dal 6,4% al +8%), mentre, se nel 2014 commercio e costruzioni rappresentavano quasi il 45% del totale delle imprese under 35, oggi il loro peso specifico è sceso al 37%.
L’agricoltura mantiene sostanzialmente stabile la presenza degli under 35, confermandosi come un’opportunità imprenditoriale concreta e percorribile per molti giovani, ma il calo ha avuto un impatto particolarmente evidente su alcune categorie come l’imprenditoria artigiana che ha perso oltre 47mila imprese (-28,1%), mentre le aziende guidate da donne under 35 sono scese di oltre 43mila unità (-24,5%), così come quelle create da giovani stranieri, che hanno subito una contrazione del -27,4%.
“La nuova mappa settoriale dell’impresa giovanile mostra chiaramente una maggiore presenza in settori che richiedono competenze specializzate e promettono maggiori margini di innovazione. I giovani che oggi scelgono di fare impresa puntano su attività dove il valore aggiunto della competenza e della tecnologia rappresenta un fattore distintivo e competitivo – aggiunge ancora il presidente di Unioncamere - questa trasformazione suggerisce la necessità di politiche mirate che, oltre a facilitare l’accesso al credito e la fase di avvio, supportino i giovani imprenditori nell’acquisizione delle competenze necessarie per operare in settori ad alta intensità di conoscenza e innovazione”.
Dal punto di vista territoriale, il penoso arretramento dell’imprenditoria giovanile evidenzia differenze anche a livello geografico: la Lombardia, regione che con oltre 74mila imprese giovanili rappresenta in assoluto la prima “incubatrice” d’Italia, ha registrato fra il 2014 ed il 2024 una contrazione del 15,1%, così come la Campania, al secondo posto, che nello stesso arco di tempo ha visto scendere del 23,8% le oltre 61mila imprese giovanili.
Ancora più evidente il calo nel Centro, con le Marche che hanno perso il 36,7% delle imprese, seguita dall’Umbria (-32%) e dalla Toscana (-31,1%). Al sud, dove tradizionalmente è più elevata l’incidenza di imprese giovanili sul totale delle imprese, i cali più consistenti hanno riguardato il Molise (-35,6%), l’Abruzzo (-35,2%) e la Calabria (-34,4%), con la Sicilia che è riuscita a contenere il calo -32,9% e la Puglia a -28,6%.