Quella di Erika Borellini è una storia di resilienza, di tenacia ma soprattutto di grande umanità; di quelle che andrebbero portate come esempio, soprattutto tra i giovani, che sovente adducono condizioni di difficoltà familiare, come la sua, a pretesto per giustificare un difetto di impegno.
Dal 2013, infatti, Erika si occupa della cura di sua madre, resa totalmente inabile e priva di autonomia da un aneurisma cerebrale.
Eppure quell’impegno tanto gravoso e costante non le ha impedito di seguire il suo progetto di vita, né ha fiaccato le sue forze e la sua tenacia.
Pochi giorni fa ha quindi concluso il suo ciclo di studi universitario, conseguendo la laurea magistrale in ingegneria elettronica all’università di Modena, con la votazione di 105.
La sua storia, però, è contornata da un’altra vicenda che, nel 2019, ha acceso i riflettori su una tematica affatto isolata: quella dell’equiparazione dello studente caregiver allo studente lavoratore, col conseguente riconoscimento di alcune agevolazioni atte a rendere compatibile l’impegno domestico col percorso di studi.
A Erika in realtà di agevolazioni ne sarebbe bastata soltanto una, anzi, numericamente due: il bonus di due punti che le avrebbe consentito di aggiungere alla votazione conseguita con la laurea triennale (84) quanto sufficiente a raggiungere e superare il punteggio richiesto (85) per poter accedere senza problemi al corso magistrale.
Ma non c’era stato verso. Nonostante la richiesta di venirle incontro avanzata all’Università ed all’allora Rettore, in considerazione della sua complessa situazione familiare e del suo ruolo di caregiver, nessuna deroga alla regola del punteggio minimo le era stata accordata.
Erika però non si era arresa: aveva quindi presentato un esposto al Difensore Civico di Ateneo, ma nulla neppure da quella parte. Erano allora scesi in campo i suoi compagni di studio, che avevano lanciato una petizione sulla piattaforma Change.org per chiedere la sua ammissione al corso magistrale, rivendicando la necessità di “far valere i diritti dei caregiver nelle Università’.
In breve il suo era diventato un caso mediatico, al quale aveva prestato attenzione sia la stampa locale che quella nazionale.
Ma era diventato anche una storia umana, che non aveva lasciato indifferente né le persone più vicine a Erika e neppure parte delle istituzioni. Era stato l’allora ministro dell’Istruzione Fioramonti, difatti, a farsi carico della sua vicenda, propugnando il riconoscimento alla studentessa dei due punti bonus spettanti agli studenti lavoratori, con ciò ammettendo che tali fossero da considerarsi anche i caregiver. Sicché a novembre del 2019 il Rettore dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia aveva infine firmato la deroga e consentito l’iscrizione di Erika alla magistrale.
Ora Erika ha finalmente raggiunto il suo traguardo. Non l’attendono più lunghe nottate sui libri - l’unico tempo che potesse sfruttare dopo aver atteso alle cure di sua madre – né altre battaglie.
Ha combattuto per sé stessa, ma la sua lotta è servita da precedente, per far sì che d’ora in avanti a chi vive la sua stessa condizione sia prestata la medesima attenzione.
È dunque con sollievo e soddisfazione che, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano locale di Modena ha dichiarato: "Mi sono sentita addosso una grossa responsabilità, perché sapevo che delle persone avrebbero avuto maggiori possibilità di me o che si sarebbero potute rialzare grazie ad un messaggio di speranza. Ho sentito in ogni esame ed in ogni voto il peso di portare a conclusione questa battaglia e anche con dei bei voti per mostrare alle istituzioni che c'è possibilità di riscatto.”
Ad majora, Erika.
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