La manovra 2025, che tiene banco fra le notizie del giorno, si porta appresso un brutto risveglio per i milioni di italiani che possiedono bitcoin e criptovalute. L’annuncio, fatto dal viceministro Leo nel corso della conferenza stampa di presentazione della manovra, è quello di un’autentica stangata che dal prossimo 1° gennaio scatterà sulla ritenuta da pagare sulle plusvalenze superiori a 2.000 per le vendite di bitcoin e token, che passa dall’attuale 26 al 42%. Ma non basta, perché il viceministro annuncia novità anche sulla web tax, “Lavoriamo eliminando il tetto di 750mila euro e la parte prodotta in Italia relativa a 5 milioni, quindi eliminiamo le soglie”.
In realtà, il mondo delle criptovalute non è mai stato visto come un regime fiscale di vantaggio, anzi: già la legge di bilancio 2023 aveva deciso di accendere i riflettori sul fenomeno tassando le plusvalenze del 26%, al pari di tutte le rendite finanziarie a parte l’eccezione dei titoli di Stato, per cui è prevista una tassazione dei redimenti del 12,5%.
L’annuncio del Governo, secondo gli esperti, segue a ruota la corsa degli scorsi mesi, quando il valore dei massimi delle criptovalute ha superato i 73mila dollari spingendo molti investitori a vendere per monetizzare il guadagno. Una crescita confermata dall’Oam, l’organismo agenti e mediatori creditizi, secondo cui nel secondo trimestre di quest’anno si contavano più di 1,3 milioni gli italiani possessori di portafogli digitali, per un controvalore complessivo degli asset pari a 2,2 miliardi di euro, in calo del 22% rispetto al trimestre precedente. Fino allo scorso giugno sono state comprate valute digitali per 1,76 miliardi di euro a fronte di oltre 3,5 miliardi di vendite, a sottolineare il trend italiano che attualmente predilige la vendita all’acquisto. A titolo di esempio, un intero bitcoin acquistato nel gennaio 2022 a 33mila euro oggi rende più 61mila euro, ma se fosse venduto entro il prossimo dicembre la plusvalenza da pagare ammonterebbe a 7.280, salendo a 11.760 dal prossimo gennaio.
Insomma, questa volta la botta è forte: le criptovalute diventano di colpo l’asset più caro presente nel panorama finanziario italiano, e la questione sta già scatenando le ire dell’intero settore e qualche mugugno nella stessa maggioranza. “Sul tema tassazione crypto - ha commentato Giulio Centemero, membro della commissione Finanze e Coordinatore Nazionale Dipartimento Innovazione della Lega - auspico un confronto approfondito con gli operatori e le associazioni di categoria in Commissione. Innalzare così di botto la tassazione è controproducente. Magari mi sbaglio ma proprio per questo è opportuno confrontarsi”.
Decisamente contrario Ferdinando Ametrano, considerato uno dei massimi esperti italiani in valute digitali, “L’imposta sostitutiva al 42% prevista per il 2025 sarebbe fiscalmente discriminatoria e quindi iniqua, probabilmente anche incostituzionale. Come tutte le idee mal concepite, avrebbe l'effetto dannoso di far fuggire i capitali cripto dall'Italia, creando distorsioni di mercato e inducendo gli investitori a realizzare il capital gain entro la fine del 2024, con un danno per l'industria italiana che fornisce servizi in ambito cripto enorme”.
Forte preoccupazione anche dalle parole di Gianluca Sommariva, amministratore delegato e co-fondatore di Hodlie, piattaforma italiana di gestione attiva di criptovalute tramite IA: “Un aumento della tassazione al 42% sulle plusvalenze rappresenterebbe un duro colpo, specialmente per i piccoli investitori, che si troverebbero a dover affrontare una delle tassazioni più alte a livello globale, ma chi compra criptovalute attraverso gli Etf potrebbe anche eludere il problema, visto che continuerebbero ad essere tassati al 26%”. Il rischio, assai concreto, è che la nuova tassa sulle plusvalenze cripto rischi di cambiare in modo radicale il panorama degli investimenti digitali in Italia penalizzando un settore in crescita ma soprattutto spingendo gli investitori verso i mercati esteri più convenienti.