Nel primo semestre del 2021 l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia ha ricevuto 70.157 segnalazioni di operazioni sospette, in notevole aumento del 32,5% rispetto a quelle pervenute nel periodo corrispondente del 2020. L’incremento ha interessato tutti i mesi del semestre ed è stato particolarmente rilevante tra marzo e giugno, mesi in parte condizionati nel 2020 dal primo lockdown e dalla successiva fase di incertezza. La crescita complessiva è stata determinata dalle segnalazioni di riciclaggio (+32,7% rispetto al primo semestre del precedente anno). Anche le segnalazioni di finanziamento del terrorismo sono tornate ad aumentare (da 246 unità a 340).
I dati ci dicono come l’attenzionalità al fenomeno sia sempre crescente, ma secondo il Dean della Scuola Italiana di Antiriciclaggio, dott. Sergio Silvestri, che proprio oggi ha inaugurato a Milano il venticinquesimo anno accademico, “in Italia gli specialisti di antiriciclaggio scarseggiano anche se generalmente ben pagati e tra le figure professionali più richieste dalle realtà del mondo finanziario e non, deputate al controllo delle segnalazioni delle operazioni sospette".
Eppure, sottolinea Silvestri, “è solo con personale correttamente formato e preparato a riconoscere ogni possibile forma di riciclaggio che è possibile bloccare le attività illecite finalizzate al riciclaggio di denaro”.
La normativa antiriciclaggio nasce in Italia nel 1991 grazie al FATF/GAFI e all’ostinata azione investigativa del magistrato Giovanni Falcone quale padre putativo dell’iniziativa nel suo complesso. Fino ad allora, la formazione del personale, con riferimento al settore bancario e finanziario, quale unico destinatario della collaborazione attiva in materia di lotta al riciclaggio, era affidata alla cosiddetta “moral suasion”, una sorta di pressione morale esercitata dalla Banca d’Italia che in proposito, diceva: “Gli intermediari pongono in essere una attenta opera di addestramento e di formazione del personale sugli obblighi di segnalazione. Le presenti “Istruzioni” devono essere divulgate e opportunamente illustrate a tutto il personale, a prescindere dal titolo giuridico in base al quale presta l’attività lavorativa o la collaborazione”.
Con il primo comma dell’art. 54 del Decreto legislativo 231/07, di ratifica della III Direttiva antiriciclaggio dell’Unione europea, la “formazione del personale”, assunse un quadro più chiaro, laddove si disse: “I destinatari degli obblighi e gli ordini professionali adottano misure di adeguata formazione del personale e dei collaboratori al fine della corretta applicazione delle disposizioni del presente decreto”.
Con il successivo articolo 56 dello stesso decreto, vennero individuate pesanti sanzioni da dieci a duecentomila euro in capo al mondo bancario e finanziario laddove avessero disatteso l’obbligo formativo introdotto. Si passò quindi dalla moral suasion ad una norma cogente, da una norma in bianco ad una “colorata”.
Il D.lgs. 231/07, così come modificato dalla legge di recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio (D.lgs. 90/17), impone agli Intermediari Finanziari, ai Professionisti e alle altre categorie di destinatari della normativa antiriciclaggio, di pianificare corsi antiriciclaggio periodici per tutti i propri dipendenti e i collaboratori. La formazione per i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio, diventa l’elemento primario per il processo di identificazione del rischio di riciclaggio e finanziamento al terrorismo con l’adozione delle relative opportune contro misure. In particolare, la nuova formulazione dell’art. 16 del D.lgs. 231/07 obbliga i destinatari della normativa ad adottare misure di adeguata Formazione Antiriciclaggio del proprio personale, che prevedano corsi specifici per tutti i soggetti che ricoprono il ruolo di Responsabile Antiriciclaggio e di Incaricato Antiriciclaggio.
Per il dott. Silvestri, stando alla rilevanza ed alla crescita sostanziale che il problema sta assumendo in Italia, oggi i diplomati in antiriciclaggio rappresentano “l’avamposto che presidia quel confine che i riciclatori non devono poter varcare, il confine che una volta superato trasforma il denaro sporco in denaro pulito, pronto per essere re-investito dalla criminalità in attività legali”. Anche tra i professionisti.
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