22 maggio 2018

Accertamento analitico-induttivo: legittimo se la contabilità è inattendibile

Autore: Giovambattista Palumbo
Il ricorso all'accertamento analitico-induttivo è legittimo anche in presenza di una contabilità formalmente corretta, ma complessivamente inattendibile, potendosi, in tale ipotesi, evincere l'esistenza di maggiori ricavi o minori costi in base a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente. Una volta contestata dall'Erario l'antieconomicità di una operazione, diviene peraltro onere del contribuente dimostrare la liceità fiscale della stessa.

Il caso - La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10242 del 27/04/2018, ha chiarito quali sono i presupposti di legittimità in presenza dei quali l’Amministrazione Finanziaria può procedere ad accertamento analitico induttivo.

Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in accoglimento dell'appello proposto dal contribuente avverso la decisione di primo grado, aveva annullato integralmente l'atto impositivo.

In particolare, il Giudice di appello rilevava che, in presenza di contabilità regolarmente tenuta, l'onere probatorio gravava sull'Ufficio accertatore e che quest'ultimo non aveva assolto tale onere in modo corretto, essendo l'accertamento fondato su una mera presunzione semplice.

L’Amministrazione finanziaria deduceva quindi la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n.600 del 1973 e 2927 c.c., laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva escluso che, nella specie, non sussistessero i presupposti relativi all'accertamento analitico-induttivo, affermando poi che “l'antieconomicità della gestione [...] perde di significato nella considerazione che con i proventi dell'attività, e quindi, con gli utili, vivevano i componenti della famiglia”.

La decisione - La censura, secondo la Suprema Corte, era fondata.

Evidenziano infatti i giudici di legittimità che la sentenza della CTR era errata laddove aveva ritenuto che l'Ufficio non avesse adeguatamente provato la sussistenza dei presupposti per procedere alla ripresa fiscale, “risultando che il contribuente aveva comunque tenuto una contabilità regolare” e che “il percorso logico seguito nella determinazione dei ricavi dell'autoscuola, pur presentando un fondo di sostanza in quanto fondato su elementi certi rimane incerto nelle tariffe concretamente applicate; tale processo può precostituire solo una presunzione semplice”.

Con tali argomentazioni, secondo la Cassazione, appariva evidente come il Giudice di merito, a fronte del quadro probatorio fornito dall'Ufficio, avesse violato la normativa di riferimento, come costantemente interpretata dalla Corte, e quella in tema di presunzioni.

I giudici richiamano dunque l'orientamento di legittimità (tra le molte Cass, Sentenza n. 23550 del 05/11/2014 e di recente, ordinanza n. 25257 del 25/10/2017), secondo cui il ricorso all'accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa, ex art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è legittimo anche in presenza di una contabilità formalmente corretta, ma complessivamente inattendibile, potendosi, in tale ipotesi, evincere l'esistenza di maggiori ricavi o minori costi in base a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente, sottolineando poi che, con riferimento all'antieconomicità, è stato, anche di recente, ribadito, che nel giudizio tributario, una volta contestata dall'Erario l'antieconomicità di una operazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, perché basata su contabilità complessivamente inattendibile in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza, diviene onere del medesimo contribuente dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione ed il giudice tributario non può, al riguardo, limitarsi a constatare la regolarità della documentazione cartacea (cfr. Cass,. Ordinanza n. 25257 del 25/10/2017).

Osservazioni - L’analisi della economicità o meno della gestione di impresa può essere, in sostanza, utilizzata dall’Amministrazione Finanziaria per riscontrare la congruenza del reddito dichiarato.

La legittimità della contestazione dipenderà comunque anche dal tipo di accertamento prescelto dall’Ufficio accertatore, potendosi in casi del genere procedere ad un accertamento analitico induttivo, nell’ambito del quale dovranno essere specificatamente indicate quelle “presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti” che possono legittimare la ripresa a tassazione.

Con l’accertamento "analitico- induttivo", il fisco fonda infatti la sua pretesa sulla valorizzazione di elementi coi quali, mediante ragionamento logico-deduttivo, tenta di ricostruire un volume d'affari diverso e superiore da quello dichiarato.

La prova presuntiva di maggiori entrate, per essere idonea a fondare l'accertamento con il metodo "analitico-induttivo" ex d.P.R. 600/1973 (art. 39, co. 1, lett. d), deve però essere comunque desunta, quanto meno, da una condotta commerciale anomala (Cass. n. 15038 del 2014).
In proposito, del resto, al fine di valutare la corretta applicazione dell'art. 2729 cod. civ., occorre sempre verificare che il giudice di merito abbia valutato i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza degli elementi offerti in giudizio, posto che la scorretta valutazione di essi non integra un giudizio di fatto, ma una vera e propria valutazione in diritto soggetta al controllo di legittimità (Cass. n. 9760 del 2015; conf. Cass., sez. un., n. 8054 del 2014).

In conclusione, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell'accertamento analitico - induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell'art. 39 primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile.
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