Nel caso di plurimi eredi, il Giudice tributario deve integrare il contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi, a pena di nullità della sentenza che chiude il giudizio introdotto dal dante causa.
È quanto emerge dall’Ordinanza n. 30792/2018 della Corte di Cassazione (Sez. 5 civ.), che accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
Il giudizio nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, per il periodo d’imposta 2003, con cui l’Agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione la plusvalenza non dichiarata, derivante dalla cessione di un terreno edificabile.
In primo grado, la pretesa impositiva ha trovato conferma, mentre all’esito del giudizio di appello la contribuente, in qualità di coerede, ha ottenuto una pronuncia a sé favorevole.
Ne è derivato il giudizio in Cassazione.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha denunciato la nullità della sentenza di secondo grado o del procedimento per violazione degli artt. 102, 331 cod. proc. civ. e falsa applicazione dell'art. 110 cod. proc. civ., poiché la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha ritenuto che, in caso di successione a titolo universale per morte di una parte, ove vi siano più eredi, il giudizio possa essere proseguito da uno solo di essi. In tal caso, invece, secondo la difesa erariale, è integrata un'ipotesi di litisconsorzio necessario, per ragioni processuali, tra i coeredi, sicché s’impone l'integrazione del contraddittorio, nei confronti di ciascuno di essi.
Per gli Ermellini la censura è fondata e il ricorso va accolto, in quanto, con la morte di una delle parti del giudizio, «la legittimazione attiva e passiva a essa relativa si trasmette ai suoi eredi, i quali vengono a trovarsi in una situazione di litisconsorzio necessario, determinato non dalla inscindibilità del rapporto sostanziale dedotto in causa, bensì dalla successione nel processo al soggetto originario. Conseguentemente, qualora l'impugnazione sia stata tempestivamente proposta da o contro uno solo dei detti litisconsorzi, non si verifica alcuna decadenza, spettando al giudice il potere-dovere di disporre l'integrazione del contraddittorio» (Cass. n. 4460/1984; n. 1887/2006; n. 6780/2015).
Nel caso in esame, è incontestata la presenza di due coeredi, sicché il Collegio regionale, nel consentire la prosecuzione del giudizio, riassunto da un solo coerede, non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio di diritto, non avendo disposto – chiosano i Massimi Giudici - «l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro coerede, quale litisconsorte necessario che, invece, in questa vicenda processuale, è stato erroneamente pretermesso».
La C.T.R. della Toscana, pertanto, in diversa composizione, dovrà procedere con un nuovo giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del coerede pretermesso, quale litisconsorte necessario.