L'avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione incombe sull'Agenzia l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo, o la presenza di delega. Tale delega è una mera delega di firma, per cui è irrilevante la mancata indicazione del nominativo del soggetto delegato o della durata, essendo sufficiente l'indicazione della qualifica rivestita. Ma, in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell'avviso, incombe comunque sull’Amministrazione fornire la prova della sussistenza di tali requisiti.
Il caso
La Cassazione, con la
Sent. n. 19190 del 17/07/2019, è tornata ancora sulla famosa vicenda della legittimità o meno degli atti dell’Agenzia delle Entrate sottoscritti da funzionari “delegati”.
Nella specie, la CTR rigettava l'appello proposto dal contribuente avverso la decisione della CTP che ne aveva respinto il ricorso introduttivo, evidenziando che, quanto all’assenza di sottoscrizione dell'avviso da parte di un soggetto provvisto della qualifica di dirigente, in applicazione del principio della rappresentanza organica, l'attività dell'organo doveva essere imputata alla persona giuridica, salvo prova contraria, da fornirsi da parte del contribuente.
Avverso tale sentenza il contribuente proponeva ricorso per cassazione, deducendo che incombeva sull'Amministrazione l'onere di dimostrare che l'avviso di accertamento era stato sottoscritto da un soggetto con la qualifica dirigenziale, non potendo incombere sullo stesso contribuente l'obbligo di dimostrare un fatto negativo.
La decisione
Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.
Evidenziano infatti i giudici di legittimità che l'avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell'art. 42 del Dpr. n. 600/73, richiamato, ai fini Iva, dall'art. 56 del Dpr. 26 ottobre 1972, n. 633, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; e che, in caso di contestazione, incombe all'Agenzia delle Entrate l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore, o la presenza di eventuale delega trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell'Amministrazione finanziaria, e non potendo la distribuzione dell'onere della prova subire eccezioni.
Né, sottolinea la Corte, è consentito al giudice tributario attivare d'ufficio poteri istruttori a tale fine.
La Cassazione rileva poi che, con una recente pronuncia la stessa Corte (Cass., 29 marzo 2019, n. 8814), pur modificando il proprio orientamento in tema di delega di firma (non più considerata delega di funzioni), pur ritenendo irrilevante la mancata indicazione del nominativo del soggetto delegato, o della durata della delega (essendo sufficiente l'indicazione della qualifica rivestita), ha però ribadito che, in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell'avviso, incombe comunque sull’Amministrazione fornire la prova della sussistenza di tali requisiti in capo al sottoscrittore.
L'Amministrazione, in caso di contestazione, è tenuta quindi, con onere della prova a suo carico, a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell'avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale (cfr., Cass., n. 5200/2018).
Solo dunque in ipotesi specifiche (cartella esattoriale, diniego di condono, avviso di mora e attribuzione di rendita), in mancanza di una sanzione espressa, opera la generale presunzione di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (cfr., Cass., 31 ottobre 2018, n. 27871).
La Suprema Corte distingue poi il piano dell’attività processuale da quello dell’attività amministrativa, affermando che, quanto alla legittimazione processuale l'ufficio è rappresentato in giudizio dal titolare dell'organo, che, qualora non intenda trasferire il potere di rappresentanza processuale ad altro funzionario, può demandare, nell'esercizio dei poteri di organizzazione e gestione delle risorse umane, la sola materiale sottoscrizione dell'atto difensivo ad un delegato, mero sostituto nell'esecuzione di tale adempimento, sicché, ove l'atto difensivo sia stato sottoscritto dal delegato con la chiara indicazione della relativa qualità (ad esempio, con formula "per il dirigente"), l'ufficio deve presumersi ritualmente costituito in giudizio a mezzo del dirigente legittimato processualmente, non essendo neppure sufficiente la mera contestazione per fare insorgere l'onere in capo all'Amministrazione finanziaria di fornire la prova dell'atto interno di organizzazione adottato dal dirigente (cfr., Cass., 14 ottobre 2015, n. 20628).
La legittimazione processuale degli uffici dell'Agenzia delle entrate trova infatti fondamento nelle norme del "regolamento di amministrazione" n. 4 del 2000, adottato ai sensi dell'art. 66 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, conseguendone che agli uffici periferici va riconosciuta la posizione processuale di parte e l'accesso alla difesa davanti alle commissioni tributarie. E dunque, in tal caso essi possono essere rappresentati tanto dal rispettivo direttore, quanto da altra persona da lui delegata (cfr., Cass., 3 ottobre 2014, n. 20911).
Diversa ancora è infine l'ipotesi della "reggenza", in quanto si ritiene che l'avviso di accertamento è valido ove sia sottoscritto dal "reggente" (nella specie, il capo dell'area controllo), ossia dal soggetto chiamato, ai sensi dell'art. 20, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 266 del 1987, a sostituire temporaneamente il dirigente assente per cause improvvise in tutte le funzioni svolte dallo stesso ai fini della direzione dell'Ufficio (cfr., Cass., 7 novembre 2018, n. 28335).
Osservazioni
La questione della sottoscrizione (e della delega), alla fine, si risolve in una questione meramente probatoria.
Se, dunque, il contribuente contesta tale profilo, egli ha il diritto di verificare l’esistenza di una delega e che il delegato sia in possesso dei requisiti professionali che gli permettono di agire per conto del capo dell’ufficio.
E, in assenza di idonea prova in ordine all’esercizio del potere sostitutivo (deposito della delega conferita e prova dell’appartenenza del delegato alla carriera direttiva), l’atto potrebbe essere considerato illegittimo.
Come ricorda anche la sentenza in commento, in ogni caso, l’indirizzo di legittimità è ormai chiaro che si tratti di delega di firma e non di funzioni.
La competenza è del resto stabilita per legge, che individua e ripartisce i poteri tra i diversi soggetti, organi e uffici delle pubbliche amministrazioni.
E lo spostamento della competenza si può attuare solo attraverso la delega di funzioni (cosa diversa dalla delega di firma), laddove lo spostamento possa avvenire tra due organi dello stesso ente (interorganica), o tra due enti (intersoggettiva).
Il problema della nullità della sottoscrizione degli atti di accertamento era nato dal fatto che a molti funzionari dell’Agenzia delle Entrate erano stati assegnati incarichi dirigenziali poi rivelatisi illegittimi.
Il caso tipico era dunque il Direttore della Direzione Provinciale che delegava funzionari del proprio Ufficio per la firma di atti di competenza della stessa DP (atti di accertamento, appelli etc).
In questi casi però era chiaro che si trattasse di delega di firma, avvenendo la stessa delega all’interno dell’Ufficio (la Direzione Provinciale).
E infatti per questi casi di delega di firma (e solo per questi) si pone la disciplina eccezionale in ambito tributario, laddove il primo comma dell’art. 42 del D.P.R. 600/73, nel disciplinare gli aspetti formali e sostanziali del provvedimento amministrativo, prevede che:
“Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato…omissis.”.
Si parla dunque solo di “sottoscrizione” e si parla solo di capo dell’Ufficio.
Fornita la prova della intervenuta delega, il “problema” è risolto”.
E questo perché, come confermato anche dalla Corte Costituzionale, quando si tratta solo di delega di firma, questa risponde a mere esigenze di deconcentrazione del lavoro amministrativo, senza possibilità di creare particolari rapporti tra delegante e delegato.
La delega di firma è quindi un istituto assimilabile più alla rappresentanza che non alla delega vera e propria, in quanto, come ribadisce anche la sentenza in commento, la firma del funzionario impegna direttamente il titolare della funzione, sul quale grava tutta la responsabilità dell'atto emanato.