24 luglio 2018

Avvocati. Termine “lungo” per impugnare le sanzioni disciplinari

Cassazione – Sezione Unite, sentenza depositata il 23 luglio 2018

Autore: Paola Mauro
Nel giudizio di opposizione al provvedimento disciplinare, l’avvocato può presentare il ricorso per cassazione nel termine lungo di cui art. 327 c.p.c., se il CNF non ha notificato la decisione presso l’indirizzo pec del legale, in assenza dell’elezione di domicilio in Roma. È quanto emerge dalla Sentenza n. 19526/2018 delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione.
  • Con la citata Sentenza i Massimi giudici danno ragione al professionista circa la tempestività del ricorso.

In breve, il legale in questione è stato sospeso per sette mesi dall’esercizio della professione per avere utilizzato espressioni improprie in uno scritto rivolto a una controparte. Tale provvedimento, assunto dal Consiglio dell’ordine territoriale, è stato in seguito riformato dal CNF, che ha derubricato la sanzione, disponendo la sola censura.

Ebbene, non soddisfatto di avere ottenuto un trattamento sanzionatorio più favorevole, il legale ha depositato ricorso presso la Corte di Cassazione e ha denunciato, in via preliminare, che la sentenza del Consiglio nazionale forense avrebbe dovuto essere notificata presso il suo domicilio, oppure al suo indirizzo di posta elettronica certificata, e non presso lo stesso CNF.
  • Dal segnalato vizio procedurale il ricorrente ha fatto discendere la tempestività del ricorso, potendo operare il termine “lungo” per impugnare.

La Suprema Corte condivide l’osservazione del professionista.

La proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio nazionale forense è soggetta al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d’ufficio della pronuncia contestata. Resta, invece, salva l’applicabilità del termine lungo di cui all’articolo 327 c.p.c., nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa (Cass. civ. S.U. n. 19556/2011).

I Giudici di legittimità rilevano che, nel caso concreto, mancando l’elezione di domicilio in Roma, la notifica della sentenza è stata eseguita mediante deposito presso il CNF. Sennonché, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale, corrispondente all’indirizzo pec che ciascun avvocato comunica al Consiglio dell’ordine di appartenenza, «non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario procedente (….), anche se l’avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario».

Ne consegue che il ricorso in esame sul punto è fondato: infatti, non essendo emersa dagli atti l’inaccessibilità dell’indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente, «non era consentita la notificazione della sentenza presso gli uffici del Consiglio nazionale forense; il che rende operante il termine lungo di cui all’articolo 327 cod. proc. civ.».

Il ricorso dell’avvocato in questione, tuttavia, è risultato infondato nel merito e, di conseguenza, respinto dalle Sezioni Unite, senza condanna alle spese, perché la controparte non ha svolto attività difensiva.
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