23 marzo 2018

Cause inscindibili e litisconsorzio necessario, sostanziale e processuale

Autore: Giovambattista Palumbo
Nell'ipotesi di omessa impugnazione, nei confronti di tutte le parti, di sentenza pronunciata in causa caratterizzata da litisconsorzio processuale, il giudice di appello deve disporre l'integrazione del contraddittorio, e, in difetto di emissione di tale ordine, il gravame non è inammissibile, ma sono nulli, con vizio rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, l'intero procedimento di secondo grado e la sentenza che lo ha concluso.

Il caso - La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 4597 del 28/02/2018, ha chiarito quando è necessaria l’integrazione del contraddittorio in caso di cause inscindibili.

Nel caso di specie un contribuente vendeva un appartamento sito in Roma, chiedendo l'imposta agevolata per la prima casa. L'Agenzia delle Entrate gli notificava poi un avviso di liquidazione ed irrogazione delle sanzioni, con il quale l'Ufficio, ritenendo che i contribuenti non avessero diritto a tale agevolazione, trattandosi di abitazione di lusso, liquidava, in via esclusiva a carico del venditore, la somma di oltre 15mila euro, a titolo di INVIM (imposta sull'incremento di valore degli immobili) e, in via solidale con i compratori, la somma di oltre 53mila euro, a titolo di imposta di registro.

Il venditore proponeva quindi ricorso avverso quest'ultimo avviso, sostenendo che la superficie dell'immobile non raggiungeva i 240 mq richiesti dall'art. 6 del D.M. 2 agosto 1969 n. 1072 del Ministero dei Lavori Pubblici per poter considerare l'abitazione di lusso.

Gli acquirenti intervenivano poi nel giudizio, ex art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, facendo proprie le deduzioni del ricorrente.

La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo che la superficie dell'appartamento fosse inferiore a quella richiesta dal D.M. citato.

E avverso tale decisione proponeva infine appello l'Agenzia delle Entrate, solo però nei confronti del venditore e non anche degli acquirenti, i quali non partecipavano pertanto al giudizio di secondo grado.

La CTR, affermando che l'appartamento aveva una superficie superiore ai 240 mq, riformava la sentenza di primo grado.

Proposto ricorso davanti alla Cassazione, l’originario venditore deduceva la nullità del procedimento per violazione del principio del contraddittorio ex artt. 31, 102 e 331 c.p.c., in relazione agli artt. 14 e 49 del d.lgs. n. 546 del 1992.

I soggetti acquirenti, parti in primo grado, in quanto terzi chiamati in causa, non lo erano stati, infatti, in secondo grado e l'assenza di integrazione del contraddittorio, secondo il ricorrente, aveva quindi determinato la nullità dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo aveva concluso.

La decisione - Secondo i giudici di legittimità il ricorso era fondato.

Evidenzia infatti la Suprema Corte che, anche con riguardo al contenzioso tributario, l'integrazione del contraddittorio è obbligatoria, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., non solo in ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, quando cioè i rapporti dedotti in causa siano assolutamente inscindibili e non suscettibili di soluzioni differenti nei confronti delle varie parti del giudizio (cd. cause inscindibili), ma altresì in ipotesi, come quella di specie, di cause che, riguardando due o più rapporti scindibili ma logicamente interdipendenti tra loro, o dipendenti da un presupposto di fatto comune, meritano, per esigenze di non contraddizione, l'adozione di soluzioni uniformi nei confronti delle diverse parti (cd. cause dipendenti).

Laddove tali rapporti siano stati decisi, nel precedente grado di giudizio, in un unico processo, la norma assicura dunque che il simultaneus processus non sia dissolto, e che le cause restino unite anche in sede di successiva impugnazione, al fine di evitare che, nelle successive vicende processuali, conducano a pronunce definitive di contenuto diverso (Cass. 13 luglio 2016, n. 14253; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1225).

Nell'ipotesi di omessa impugnazione, nei confronti di tutte le parti, di sentenza pronunciata in causa caratterizzata sia da litisconsorzio necessario sostanziale che processuale, il giudice di appello, in applicazione dell'art. 331 c.p.c., deve quindi disporre l'integrazione del contraddittorio, e, in difetto di emissione di tale ordine, il gravame non è inammissibile, ma sono nulli - e il relativo vizio è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità - l'intero procedimento di secondo grado e la sentenza che lo ha concluso (Cass. 4 dicembre 2014, n. 25719).

Evidenzia poi ancora la Cassazione che, in tema di contenzioso tributario, l'intervento adesivo dipendente, previsto dall'art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, determina, in sostanza, un'ipotesi di causa inscindibile, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., con conseguente configurabilità di un litisconsorzio necessario processuale in grado di appello.

La fattispecie in esame, del resto, si riferiva a rapporti tributari, che, seppur distinti e pertanto concettualmente non indissolubili, erano coinvolti in una vicenda impositiva unica, basata sul medesimo rapporto sostanziale di compravendita, che non tollerava, per ragioni di uguaglianza e ragionevolezza, soluzioni giudiziarie diverse per i diversi contribuenti coinvolti nello stesso giudizio.

Conclusioni - Il concetto di causa "inscindibile" (di cui all'art. 331 c.p.c.) va riferito quindi non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche a quelle di litisconsorzio necessario processuale.

Anche con riguardo al contenzioso tributario, quindi, il litisconsorzio processuale, che determina una inscindibilità delle cause anche in ipotesi in cui non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, ricorre allorché la presenza di più parti nel giudizio di primo grado deve necessariamente persistere anche in appello, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio, con la conseguenza che, dovendo l'atto di impugnazione essere notificato, come prescritto dall’art. 53, comma 2, D.lgs. 546/92, a tutte le parti, "laddove ciò non sia avvenuto in relazione ad alcuna di esse, vertendosi in tema di litisconsorzio processuale, il giudice deve disporre l'integrazione del contradditorio con ordinanza da emettere in camera di consiglio, assegnando un termine perentorio per provvedere" (cfr Cass. 11506/12).

L'omessa notifica dell'impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette peraltro sulla ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva l'effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l'esigenza dell’integrazione del contradditorio, con la conseguenza che, quando il giudice di appello non abbia disposto l'integrazione del contradditorio nei confronti di tutte le parti litisconsorti nel giudizio di primo grado, la sentenza non è nulla, ma deve essere cassata con rinvio (cfr Cass. 17269/15; 24089112; 9977/08).
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy