Ai corrispettivi relativi ai contratti di appalto aventi per oggetto la costruzione dei Centri in cui accogliere e provvedere alle necessarie esigenze delle persone migranti, è possibile applicare l’Iva nella misura del 10%. Il chiarimento è stato fornito dall’Agenzia delle Entrate mediante la risposta ad istanza di
interpello n. 768 del 10 novembre 2021.
Preliminarmente all’esplicazione di ciò che l’Agenzia ha delineato all’interno del richiamato documento di prassi, è doveroso soffermarsi su come il sistema di accoglienza sia ad oggi apparentemente semplificato con una generale suddivisione in centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA), c.d. hotspot; centri di prima accoglienza (CPA) e centri di permanenza per i rimpatriati (CPR).
In buona sostanza, i primi costituiscono le strutture ove le persone vengono sottoposte ad accertamenti medici, ricevono una prima assistenza e l’informativa sulla disciplina in materia di immigrazione e asili. Qui le persone vengono controllate, pre-identificate e informate sulla loro attuale condizione di persone irregolari e sulle possibilità di richiedere la protezione internazionale.
Una volta terminate le procedure di identificazione e di fotosegnalamento, vengono accolti nei centri di prima accoglienza i migranti che hanno manifestato volontà di chiedere asilo in Italia. Le terze strutture, invece, sono atte a consentire l’esecuzione del provvedimento di espulsione per gli stranieri giunti in modo irregolare nella Nazione, i quali, non fanno alcuna richiesta di protezione internazionale o non ne hanno requisiti.
In tale sede, il dubbio dell’istante verte sulla possibilità o meno di applicare l’Iva nella misura agevolata del 10% per la costruzione ex novo di questi edifici destinati a finalità sociali-collettive, condizione quest’ultima che viene soddisfatta attraverso l’attività svolta in tali strutture.
Sostanzialmente, l’applicazione dell’aliquota ridotta del 10% è prevista per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici contemplati dall’articolo 2, comma secondo, del regio decreto 21 giugno 1938, n. 1094, convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 35, consistenti in: scuole, caserme, ospedali, case di cura, ricoveri, colonie climatiche, collegi, educandati, asili infantili, orfanotrofi e simili.
Tale elenco, come precisato anche nella circolare 1/E del 1994 deve ritenersi non tassativo in virtù della locuzione “e simili”.
In effetti, la circolare appena menzionata ha avuto modo di chiarire che, per quanto attiene all’identificazione degli edifici assimilati alle case di abitazione, erano stati in precedenza compresi nella categoria anche gli immobili diversi da quelli espressamente indicati nel citato articolo 2 ma aventi finalità analoghe e, comunque, destinati a ospitare la collettività.
Il collegamento con i centri di accoglienza– Qualora le strutture da realizzare, a prescindere dalla loro specifica funzione, tendono ad accogliere e a prestare assistenza e supporto alla popolazione migrante priva di alcun mezzo di sostentamento e per un tempo sufficiente affinché possa acquisire la necessaria autonomia, in attesa di trovare una soddisfacente collocazione e chiedere asilo in Italia o consentire l’esecuzione del provvedimento di espulsione per i soggetti migranti giunti in modo irregolare (che non hanno formulato richiesta di protezione internazionale o non hanno i relativi requisiti), si ritiene che le costruende strutture siano destinate al perseguimento di una vera e propria attività di assistenza e, quindi, dirette al raggiungimento delle finalità di interesse collettivo.
Pertanto, ai corrispettivi relativi ai contratti di appalto aventi per oggetto la costruzione dei predetti Centri è possibile applicare l’aliquota Iva al 10%.