6 febbraio 2019

Centri trasmissione dati e imposta unica sulle scommesse: la cassazione rinvia a nuovo ruolo le cause

Autore: Giovambattista Palumbo
La Cassazione, visto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea proposto dalla CTP di Parma e ritenendo l’ordinanza non manifestamente infondata, ha deciso di “attendere l’esito della decisione della Corte di Giustizia”, rinviando a nuovo ruolo le cause in materia di imposta unica sulle scommesse e CTD.

La V Sezione civile della Corte di Cassazione, all’udienza del 10 Gennaio 2019, visto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea proposto dalla Commissione Tributaria di Parma il 26 novembre scorso, e ritenendo che l’ordinanza “non sembra manifestamente irrilevante o con evidenza infondata”, né pare risolta dalla recente sentenza comunitaria sulla concessione del Lotto che affronta “tema diverso”, ha deciso di “attendere l’esito della decisione della Corte di Giustizia”, rinviando a nuovo ruolo le cause in materia di imposta unica sulle scommesse e CTD.

La Commissione Tributaria Provinciale di Parma, a Novembre 2018, aveva infatti sollevato domanda di quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia, rilevando dubbi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della norma italiana che impone la tassazione anche nei confronti dei CTD.
Nel caso di specie, all’esame della Corte, l’Agenzia delle Dogane aveva recuperato, in relazione agli anni dal 2007 al 2012, l’imposta unica prevista dal D.Lgs. n. 504/98, nei confronti di un titolare di centro trasmissione dati, affiliato ad un bookmaker estero, privo di autorizzazione ad operare in Italia.
L’Ufficio aveva, infatti, accertato che il titolare del CTD non aveva fatto affluire alcun importo al totalizzatore nazionale.

Su ricorso del contribuente sia la CTP che la CTR della Lombardia respingevano le tesi dei contribuenti, osservando in particolare come il soggetto passivo del tributo andasse identificato col titolare del CTD, che movimentava il denaro, accettando le scommesse, consegnando le ricevute e pagando le vincite, sussistendo comunque il requisiti della territorialità, laddove il luogo dove si manifestava la ricchezza era quello in cui si trovava lo scommettitore, ossia in Italia.
Infine, come detto giunta la questione in Cassazione, i Giudici di legittimità ritenevano necessario attendere il responso della Giustizia Europea, ricordando comunque che la Corte Costituzionale ha già dichiarato l’incostituzionalità della norma, per quanto riguarda la sua retroattività a periodi antecedenti all’entrata in vigore della legge.

L’andamento davanti alla Suprema Corte resta comunque altalenante.
A tal proposito si evidenzia come la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30132 del 04/07/2018, abbia infatti invece condannato il fenomeno dei cosiddetti CTD (centri di trasmissione dati), che svolgono, nella sostanza, attività di raccolta scommesse senza autorizzazione.
L’art. 10, comma 8 del D.L. n. 98/2011 prevede, peraltro, in caso di scommesse non affluite al totalizzatore nazionale, ovvero di sottrazione di base imponibile all'imposta unica sulle scommesse, che l'Ufficio deve determinare l'imposta dovuta anche utilizzando elementi documentali comunque reperiti, pur se formati dal contribuente, da cui emerge l'ammontare delle giocate, restando pacifico che al volume delle scommesse così determinato si applica l'aliquota prevista dall'art. 3 del D.Lgs. 504/1998 e fermo restando che rimane facoltà del contribuente provare l'erroneità del metodo accertativo dell'Ufficio.
Nessun dubbio, infine, secondo la giurisprudenza di riferimento, in ordine al fatto che il contratto ex art. 1336 c.c., tra il ricevitore e lo scommettitore, si conclude in Italia e non all'estero, anche considerato che la ricevuta di pagamento, rilasciata al giocatore dal ricevitore, è titolo al portatore per riscuotere l'eventuale vincita.

Come detto, bisogna comunque evidenziare come la Corte Costituzionale, con Sentenza del febbraio 2018, ha recentemente dichiarato legittima la tassazione dei CTD solo dal 2011 in poi, affermando “l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse) e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge 13 dicembre 2010, n. 220, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)», nella parte in cui prevedono che – nelle annualità d’imposta precedenti al 2011 – siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione”.

La Corte Costituzionale, in sostanza, accoglie in parte le tesi dei ricorrenti, ponendo un netto distinguo: il pagamento del prelievo sulla raccolta non può essere chiesto ai CTD - in via retroattiva - per gli anni antecedenti il 2011, ovvero prima che la norma della Stabilità entrasse in vigore; mentre è invece legittimo richiederne il pagamento per la raccolta effettuata negli anni successivi.
Nelle motivazioni della sentenza si legge che il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta unica sulle scommesse è definito dall’art. 1 del D.Lgs. n. 504 del 1998, secondo il quale essa «è dovuta per i concorsi pronostici e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero».

La Corte Costituzionale ha quindi evidenziato come “con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata, ribadendo, da un lato, che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e stabilendo, altresì, che il generale concetto di “gestione” include anche l’attività svolta “per conto di terzi”, compresi i bookmaker con sede all’estero e privi di concessione. L’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (il titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (il bookmaker) non risulta irragionevole. Infatti, le differenze tra il contributo rispettivamente prestato dalla ricevitoria e dal bookmaker alla complessiva attività di raccolta delle scommesse non escludono affatto – ed anzi presuppongono – che entrambi i soggetti partecipino, sia pure su piani diversi e secondo differenti modalità operative, allo svolgimento di quell’attività di «organizzazione ed esercizio» delle scommesse sottoposta ad imposizione”.

Infine, in riferimento al denunciato difetto di congruità e proporzione dell’intervento legislativo rispetto alle finalità perseguite, per la Corte “non è ravvisabile alcuna irragionevolezza nell’assoggettamento ad imposta del ricevitore operante per bookmaker sfornito di concessione, con conseguente parificazione dello stesso ricevitore al bookmaker concessionario”.

La Consulta rilevava poi che, come già rilevato dalla giurisprudenza tributaria consolidatasi sul punto, tale scelta legislativa rispondeva ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non avere ottenuto la necessaria concessione, ovvero di operare per conto di chi ne sia privo.

Insomma, una questione molto complicata, che, a seconda di come si risolverà anche in sede comunitaria rischia anche di aprire un fronte da Consulta e Corte di Giustizia, con tutto ciò che ne segue in termini, ad esempio di limiti costituzionali invalicabili anche da parte del diritto comunitario.
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