29 marzo 2018

Cessione licenza taxi: profili fiscali ai fini dell'accertamento

Autore: Giovambattista Palumbo
La licenza taxi può essere trasferita, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso designata, in possesso dei requisiti prescritti dalla legge. Trattandosi di attività d'impresa, in caso di cessione della licenza concorrono alla formazione del reddito d'impresa le plusvalenze realizzate. E qualora il reddito non sia stato indicato in dichiarazione, l'Ufficio può utilizzare, ai fini dell'accertamento, dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza.

Il caso - La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4945 del 02/03/2018, ha chiarito quali soni i profili accertativi in caso di mancata dichiarazione della plusvalenza della cessione della licenza taxi.

Nel caso di specie il contribuente proponeva ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR, che, rigettandone l'appello, ed accogliendo l'appello incidentale dell'Agenzia delle Entrate, aveva confermato la legittimità dell'avviso di accertamento con il quale gli veniva contestata la mancata dichiarazione della plusvalenza sulla cessione, per euro 110.000, della licenza per l'esercizio del servizio di taxi (importo così quantificato su dichiarazione dello stesso acquirente).

Il giudice d'appello, dichiarati inammissibili, in quanto domande nuove, i motivi di gravame con i quali si censurava la sentenza di primo grado per non aver dichiarato la nullità dell'avviso per nullità dell'accordo di cessione, e per aver abbattuto del 35% il valore di trasferimento accertato, laddove, secondo l’appellante, avrebbe invece dovuto dichiarare l'annullamento integrale, in ragione dell'illiceità del negozio di compravendita della licenza, riteneva che la pretesa illiceità della cessione della licenza di taxi era priva del "supporto o dell'ancoraggio di un qualsivoglia riferimento normativo o regolamentare".

In ordine poi al valore della cessione, la CTR osservava che la circostanza pacifica che sul conto del cedente era transitata la somma di euro 40.000, proveniente dall’acquirente della licenza, costituiva prova dell'effettiva volontà delle parti di stipulare un negozio oneroso di trasferimento, ma non costituiva affatto motivo per ritenere che tale somma fosse esaustiva di quanto effettivamente incassato, tanto più che l'acquirente aveva ammesso di aver di aver corrisposto la somma complessiva di euro 110.000.

Col primo motivo di ricorso in Cassazione il contribuente denunciava quindi contraddittoria motivazione ed errata applicazione degli artt. 1418, 1346 e 1421 c.c., con riguardo alla rilevabilità d'ufficio della nullità assoluta del negozio, laddove la CTR aveva ritenuto inammissibili le domande formulate nell'appello.

Con il secondo motivo il ricorrente denunciava poi omessa, nonché contraddittoria motivazione della sentenza in ordine alla ritenuta carenza di prova dell'abbattimento del valore di cessione, laddove il giudice d'appello avrebbe dovuto escludere la "possibilità di determinazione dell'imposta da applicare su un contratto insanabilmente nullo".

La decisione - I due motivi, secondo i giudici di legittimità erano inammissibili, in quanto non coglievano la ratio decidendi della pronuncia, la quale aveva escluso la rilevanza della nullità del negozio di cessione della licenza di taxi.

La Suprema Corte rileva infatti che la legge 15 gennaio 1992, n. 21 («Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»), per quanto qui interessava, qualifica i titolari di licenza per l'esercizio del servizio di taxi come «titolari di impresa artigiana di trasporto» (art. 7) e prevede che la licenza è rilasciata dalle amministrazioni comunali (art. 8) e che la stessa, in presenza di determinate condizioni, può essere trasferita, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso designata, iscritta nel ruolo di cui all'art. 6 e in possesso dei requisiti prescritti (art. 9). In primo luogo, pertanto, osservano i giudici, il trasferimento della licenza è effettuato dall'autorità comunale, munita del potere di rilascio, su domanda del titolare e alla persona da lui indicata, previa verifica dei presupposti di legge; e, trattandosi, come detto, di attività d'impresa, alla cessione della licenza, effettuata con le indicate modalità, è applicabile la disciplina dettata dall'art.86 del Tuir, secondo il quale concorrono alla formazione del reddito d'impresa le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso dei beni relativi all'impresa, costituendo la licenza un bene immateriale strumentale all'esercizio di tale attività.

Ne conseguiva quindi che, qualora, come nel caso di specie, il reddito non fosse stato indicato in dichiarazione, si rendeva applicabile il disposto dell'art. 39, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973, che, in tali ipotesi, abilita l'Ufficio ad utilizzare dati e notizie comunque raccolti, o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (cfr. Cass. n. 21762 del 2017).

La stessa Cassazione ha del resto chiarito che "la licenza per l'esercizio del servizio di taxi costituisce un bene primario nell'ambito dei beni organizzati per l'esercizio dell'attività individuale di trasporto di persone ed il suo trasferimento, previsto dall'art. 9 della 1. n. 21 del 1992, che consente al titolare di ottenere la cd. volturazione da parte del comune, a determinate condizioni ed a favore di un terzo avente i requisiti di legge, realizza, se, come si presume, avviene a titolo oneroso, una plusvalenza che concorre alla formazione del reddito giusta l'art. 86, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, risultando irrilevante, ai fini tributari, la nullità della cessione per contrasto con norme imperative" (cfr Cass. n. 17476 del 2017).

E questo anche considerato che, in ambito tributario, vige comunque il principio della tassabilità dei proventi illeciti "derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo", a norma dell'art.14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n.537.

Conclusioni - Il trasferimento della licenza di esercizio taxi si inserisce nell'ambito di un'operazione negoziale di trasferimento di azienda, che è appunto, di norma, onerosa.

E’ quindi onere del contribuente fornire la prova contraria della usuale onerosità della cessione, pur dovendo in ogni caso l'Amministrazione indicare i criteri logici e le fonti di convincimento in ordine alla determinazione dell’ammontare del ricavo evaso.

La natura onerosa della cessione è del resto del tutto ragionevole, anche considerato che, in un regime di limitazione del numero delle licenze rilasciate dal Comune, ragioni logiche e giuridiche inducono a ritenere che la licenza rappresenta un bene disponibile, commerciabile e con un proprio rilevante valore economico.

Nel caso di trasferimento di licenze di tassista l’Amministrazione Finanziaria può inoltre considerare tali fattispecie come cessione di azienda, laddove l'avviamento è una qualità dell'azienda e consiste nell'esistenza di elementi reddituali idonei a conferire all'azienda un valore positivo.

E’ un fatto, del resto che, per quanto le licenze siano state emesse originariamente gratuitamente da parte delle autorità pubbliche, le stesse sono state poi vendute e rivendute da generazioni e generazioni di tassisti a valori in termini reali crescenti.

Ma il maggior valore di cessione (ai fini IIDD o di registro, nel caso in cui si parli di cessione di azienda), va dimostrato, non solo nell’an, ma anche nel quantum, non essendo questo un valore notorio, ma un valore da dimostrarsi caso per caso, in base alle specifiche condizioni.
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