21 settembre 2018

Compensi elevati corrisposti a terzi. Il dubbio sull’IRAP

Autore: Gianfranco Antico
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.21762 del 7 settembre 2018, ha ritenuto che l’entità anche elevata di compensi corrisposti dal contribuente ad altro professionista “non fa scattare automaticamente l’imposizione IRAP; né è di per sé indice della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione il valore dei costi, anche nel rapporto percentuale degli stessi con i ricavi (rectius, compensi)”.

Nel caso di specie, il ricorrente ha denunciato violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. n. 446/1997 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, quale presupposto impositivo dell’IRAP, desumendolo in sostanza da un’unica circostanza, l’entità dei compensi corrisposti a terzi per importi compresi nel triennio di riferimento tra i ventimila ed i trentamila Euro annui, anche in rapporto all’entità dei compensi di poco eccedenti i centomila Euro annui nell’arco temporale di riferimento.

Peraltro, la Corte specifica - ed è questo l’aspetto di rilievo, a nostro avviso - che i compensi corrisposti a terzi si riferiscono “a prestazioni estranee alle competenze professionali del geometra”.

La questione, pur se non è nuova, presenta diverse sfaccettature giurisprudenziali.

Infatti, con la sentenza n.12287 del 12 giugno 2015 la Corte di Cassazione aveva affermato che le spese elevate corrisposte a terzi portano il professionista che le ha corrisposte all’assoggettamento ad IRAP. Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, la Corte richiama la pronuncia n. 23761/2010, dove è stato già affermato che è soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, “ eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente”; e la pronuncia n.22674/2014, ove è stato affermato che “in tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro altrui … sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioe’, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale” (in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito e ritenuto legittimo l’assoggettamento al tributo del commercialista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività – in particolare per la tenuta della contabilità dei propri clienti, funzionale all’attività di consulenza fiscale e societaria -, aveva impiegato in modo non occasionale una società di servizi retribuita a percentuale, erogandole significativi compensi per le sue prestazioni).

Ancora la Cassazione, con l’ordinanza n. 18704 del 13 agosto 2010 (ud. del 9 giugno 2010), in presenza di spese di non esiguo ammontare, ha rilevato che “ il giudice tributario non ha dato adeguato conto dell’iter logico in base al quale è pervenuto al giudizio di non imponibilità e, in particolare, non ha mostrato di tenere alcun conto degli elementi, pur significativi, evidenziati dall’Ufficio”, fermo restando che “ costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676/07 ed altre)”.

Successivamente, con l’ordinanza n. 23370 del 18 novembre 2010 (ud. del 12 ottobre 2010) gli Ermellini hanno confermato che “ l’elevato ammontare, negli anni di cui si tratta, dei compensi a terzi, delle spese per ristrutturazione ed ammodernamento dello studio, delle quote di ammortamento ed interessi passivi e la stessa natura di studio associato del contribuente depongono infatti per la sussistenza del requisito della autonoma organizzazione ed appaiono in assoluto contrasto con le opposte conclusioni del giudice di merito”.

Di segno opposto è, invece, l’ordinanza n. 2131 del 29 gennaio 2013 (ud 27 novembre 2012) con cui i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che le spese di consulenza sostenute, pur se elevate, non determinano l’assoggettamento del professionista all’Irap. “Il ricorso al lavoro altrui può determinare l'assoggettamento ad Irap dell'attività professionale solo quando questo lavoro viene inserito nella struttura organizzativa cui è a capo il professionista. Nel caso di specie, questo non risulta e non è neppure evidenziato nel ricorso, in cui si dà anzi atto che i compensi costituivano il corrispettivo di lavoro autonomo. Giova dunque ribadire che ai fini che qui rilevano la misura dei compensi corrisposti non è decisiva (si pensi all'ipotesi che si renda necessaria la consulenza di un "luminare" dai costi altissimi e che opera del tutto al di fuori della struttura del committente senza dunque assumere alcun rilievo ai fini dell'IRAP)”.
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