5 giugno 2019

Confisca. Stop in caso di fallimento

Autore: Andrea Magagnoli
Il sequestro dei beni di una società può essere consentito anche nel caso in cui la persona giuridica sia soggetta a procedura fallimentare.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 17750/2019 depositata il giorno 29/04/2019 pone il principio di diritto per il quale nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto beni di una società della quale sia stato dichiarato il fallimento, le esigenze sottese al provvedimento ablatorio sono destinate a soccombere innanzi al vincolo creatosi con la procedura fallimentare sugli stessi beni, originandosi a seguito del fallimento una ben precisa destinazione dei beni al soddisfacimento degli interessi della massa creditoria.

Il caso di specie trae origine dal provvedimento del tribunale di Macerata, il quale rigettava l'istanza diretta ad ottenere la restituzione dei beni dei quali era titolare una società in precedenza dichiarata fallita.

Osservavano i giudici di merito, come le esigenze alle quali era sottesa la confisca prevalevano ad ogni modo sulle ragioni della massa fallimentare destinate a soccombere in tali casi, ben potendosi da parte del giudice penale dare corso alla misura ablatoria.
Gli organi fallimentari promuovevano ricorso per cassazione con apposito atto del legale, rappresentando come il provvedimento di sequestro finiva per violare in maniera evidente i diritti della massa fallimentare, facendo altresì prevalere in modo illegittimo le ragioni dell'Erario su quelle del fallimento, parimenti degne di tutela e fondamento.

Il procedimento, dopo avere fatto il proprio corso, veniva deciso da parte degli Ermellini con la sentenza qui in commento.

I giudici della Corte Suprema di Cassazione compiono alcune osservazioni circa gli estremi della questione, la quale aveva trovato due diverse modalità di risoluzione nella giurisprudenza del Supremo Collegio.

L'orientamento espresso in talune sentenze, infatti, individua un’assoluta prevalenza del provvedimento ablatorio di sequestro, anche nell'ipotesi in cui esso abbia ad oggetto beni appartenenti ad una società della quale è stato dichiarato il fallimento; in tali casi infatti sono destinati a prevalere gli interessi pubblici garantiti attraverso la confisca dei beni, ritenendosi maggiormente degni di tutela le ragioni dell'Erario al soddisfacimento dei propri crediti conseguenti all'evasione delle dovute imposte, rispetto a quelli del fallimento.

Tuttavia in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione è possibile rilevare anche un secondo indirizzo di natura antitetica, fondato su di una diversa valutazione degli interessi presenti nella fattispecie.

Osservano i giudici come anche la procedura fallimentare sia caratterizzata da evidenti aspetti pubblicistici ai quali le norme apprestano tutela e protezione.

Il giudice penale ove voglia procedere all'emissione di un provvedimento ablatorio nei confronti di beni appartenenti ad una società della quale è stato dichiarato il fallimento dovrà ad ogni modo considerare le ragioni della massa fallimentare alle quali dovrà essere data la priorità.

La motivazione della sentenza qui in commento si colloca nell'alveo del secondo di tali indirizzi. Nella pronuncia n. 17750/2019, i giudici evidenziano come i beni sequestrati nel caso di specie erano costituiti da somme di denaro giacenti su di un conto corrente destinato al soddisfacimento delle ragioni della massa fallimentare; si trattava pertanto di somme vincolate all'adempimento di ragioni che presentavano anche una valenza di carattere pubblicistico.

Pertanto, i giudici della Corte Suprema osservano come su tali somme di denaro non avrebbe potuto essere costituito un vincolo diretto ad assicurarne una destinazione di altri interessi diversi da quelli della massa fallimentare.

I giudici della Corte Suprema, pertanto, provvedono ad annullare l'ordinanza del tribunale del riesame.
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