14 novembre 2018

Contribuenti. Violazione degli obblighi formali con sanzione

Autore: Paola Mauro
L’esimente prevista dall’art. 6, comma, 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo esclusivamente imputabile alla condotta di un terzo, mentre non trova applicazione in caso di infrazioni tributarie relative alla mancata presentazione di dichiarazioni fiscali, omessa registrazione di fatture e omessa tenuta di contabilità.

È quanto emerge dall’Ordinanza n. 28359/2018, depositata il 7 novembre, con la quale la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha definitivamente rigettato il ricorso proposto da una Società che, in seguito alla condotta “truffaldina” del commercialista di fiducia, ha ricevuto un avviso di accertamento a fini IVA, IRPEG e IRAP per l'anno 1998, con comminatoria di sanzioni.

La C.T.R. della Lombardia - Sezione staccata di Brescia ha disapplicato le sanzioni, in quanto ha rilevato che l'articolo 6, comma terzo, del D.lgs. 472/97 dispone che:
  • il contribuente non è punibile quando dimostri che il pagamento non è stato eseguito per fatto denunciato all'Autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.

Nel caso di specie, tale dimostrazione, secondo la Commissione, è stata offerta dalla Società contribuente attraverso la produzione della sentenza penale di condanna emessa nei confronti del proprio commercialista il quale ha utilizzato per altri scopi le somme ricevute per il versamento dei tributi.

Ebbene, la decisione della C.T.R. bresciana è stata impugnata dall’Agenzia fiscale, che ha lamentato, con successo, la violazione di legge, sulla base dei seguenti rilievi:
  • l'esimente di cui all’art. 6 comma 3 del D.lgs. 472 del 1997 non trova applicazione in caso di infrazioni tributarie relative alla mancata presentazione di dichiarazioni fiscali, omessa registrazione di fatture e omessa tenuta di contabilità;
  • in ogni caso, da parte della Società contribuente, è mancata la dimostrazione di avere svolto nei confronti dell'intermediario concreti atti diretti a controllare l'effettiva esecuzione dell'incarico;

L’assunto erariale, secondo la Suprema Corte, è fondato, in quanto:
  • «in tema di sanzioni tributarie, l'esimente prevista dall'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo - e, dunque, escluse le violazioni solo formali - imputabile unicamente alla condotta di un soggetto terzo (normalmente l'intermediario cui è stato attribuito l'incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell'effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell'art. 5, comma 1, del citato decreto legislativo, nemmeno sotto il profilo della semplice culpa in vigilando».

Nel caso di specie, la Commissione regionale, ritenendo inapplicabile la sanzione sul presupposto che la Società contribuente avrebbe comprovato l'inadempimento dell'intermediario all'incarico affidatogli (come si evincerebbe dalla sentenza penale di condanna di quest'ultimo), ha fatto malgoverno del suddetto principio di diritto, posto che:
  • le violazioni contestate non concernono il mancato pagamento dei tributi (del resto, l'Ufficio non ha comminato sanzioni per l'omesso versamento d'imposta), ma sono unicamente riconnesse a violazioni di natura formale (omesse dichiarazioni e omessa emissione e registrazione delle fatture);
  • il comportamento incolpevole della Società contribuente non può essere escluso dalla semplice condanna penale dell'intermediario, poiché questa non elide di per sé ogni profilo di negligenza (anche con riferimento controllo dell'attività dell'intermediario), e la Società non ha allegato di avere svolto atti concreti diretti a controllare l'esecuzione della prestazione del professionista.

Pertanto, mancando i presupposti per l'applicazione dell'esimente di cui all'art. 6, comma 3, del D.lgs. n. 472 del 1997, la sentenza impugnata è stata cassata in parte qua.
Gli Ermellini, quindi, decidendo nel merito, hanno rigettato l'originario ricorso proposto dalla Società contribuente nella parte in cui si ritengono non dovute le sanzioni e hanno addebitato alla stessa le spese del grado di giudizio, liquidate, in favore dell’Agenzia fiscale, in euro 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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