21 luglio 2018

Contributi Inps gestione pubblica: rettifica e integrazione entro gennaio

Autore: Ketti Fisichella
L’Inps ha fissato come termine ultimo il 1° gennaio 2019 entro cui bisogna eventualmente integrare o rettificare il proprio estratto contributivo con le giornate effettivamente lavorate.

Gli Enti datori di lavoro, obbligati al versamento contributivo Inps gestione pubblica (ex Inpdap), hanno, pertanto, tempo fino al 1° gennaio 2019 per colmare le omissioni/evasioni di versamento contributivo e non incorrere nel termine della prescrizione quinquennale che comporterebbe l'obbligo di sostenere l'onere del trattamento di pensione, ripartendolo tra Ente e Inps secondo il criterio della “riserva matematica”.

Tale previsione è stata confermata dall'Inps in data 15 novembre 2017, a seguito di chiarimenti intervenuti con Circolare n. 169 e si applica in particolare per le contribuzioni dovute alla CPDEL, alla CPS, alla CPUG e alla CTPS.

Decorso, quindi, il termine di prescrizione, modificato con Legge 8 agosto 1995, n. 335 e diminuito da dieci a cinque anni, in caso di mancato assolvimento degli obblighi contributivi e dichiarativi, il diritto a riscuotere la contribuzione si estingue e l’Istituto è impossibilitato a riceverla.
Gli Enti datori di lavoro, sono dunque tenuti a sostenere l’onere del trattamento di quiescenza spettante per i periodi di servizio utile prestato dal lavoratore e non assistiti dal corrispondente versamento di contribuzione.

La data di riferimento per quantificare il termine dei cinque anni, che gli enti dovranno prendere a base, coincide con il giorno in cui l’istituto può esigere la contribuzione, ossia con la data di scadenza del termine per effettuare il versamento (il sedici del mese successivo a quello al quale la contribuzione si riferisce).

Tale disposizione, però, non può essere estesa ed applicata alle casse CTPS e CPI, per le quali, ai sensi della citata circolare INPS, si applicano le disposizioni vigenti per l’AGO, con la conseguenza che i periodi di attività lavorativa non coperti dal versamento dei contributi, (una volta trascorso il periodo di prescrizione quinquennale), non potranno esser computati ai fini sia della misura che del diritto a pensione, salvo la costituzione di una rendita vitalizia.

Lo stato d'agitazione che si sta generando attorno a questo termine ultimo per sistemare le posizioni pregresse dei singoli dipendenti, ha indotto i segretari generali di CGIL, CISL e UIL ha richiedere un incontro urgente all’INPS sede nazionale e al Ministero dell’Istruzione, per trovare una soluzione alle difficoltà derivate dall’affidamento all’INPS dell’accertamento del diritto a pensione, in particolare, per il personale della scuola e dell’AFAM, sulla base dei dati presenti nel conto assicurativo.

Ma è superfluo aggiungere che i carichi di lavoro per tutti gli Enti pubblici (Comuni, Provincie, Regioni, etc.) sono di entità notevole e le difficoltà che i vari dipartimenti si stanno ritrovando ad affrontare sono infinite, a questo si aggiungono i “malfunzionamenti” del sito INPS che rallentano tutti i processi di ricostruzione delle carriere lavorative (in quanto negli archivi Inps, sembrano essere “spariti” o “non versati” parecchi contributi e denunce di periodi effettivi di lavoro).

Inoltre, gli estratti contributivi assicurativi rilasciati dall'Inps, ad oggi, non hanno ancora valore certificativo e ciò sta ingenerando non poca preoccupazione ai dipendenti pubblici che vivono nel “terrore” che qualora il loro estratto contributivo non fosse inclusivo di quanto effettivamente maturato, questi potrebbero perdere i periodi di lavoro ai fini del calcolo pensionistico.

In verità, la circolare Inps non afferma questo: infatti, si legge che, in caso di prescrizione dei contributi non versati, l’obbligo di versamento della contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro si estingue e lo stesso è tenuto a sostenere l’onere del trattamento di quiescenza per i periodi di servizio in cui è intervenuta la prescrizione medesima, con obbligo di versamento di tutti i contributi.

Forse l’INPS dovrebbe comunque meglio precisare come stanno le cose e soprattutto come intende procedere rispetto alla tanto temuta scadenza del primo gennaio 2019, chiarendo cosa succede a quei contribuenti che non dovessero mettere a posto la loro posizione contributiva anteriore al 2014.

Punto 3 Circolare INPS 169/2017:
  • “anche in assenza di recupero della contribuzione dovuta alle predette casse, per avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale, l’attività lavorativa svolta sarà considerata utile ai fini della liquidazione del trattamento di quiescenza; in questa ipotesi, tuttavia, ai sensi del comma 2 dell’art. 31 della L. n. 610/1952, l’onere del trattamento deve essere ripartito tra l’Istituto e le Amministrazioni datrici di lavoro (“Nei casi di cui al comma precedente per i quali avvenga la valutazione in pensione dei servizi in fatto non assistiti da iscrizione, l’onere dell’assegno di quiescenza viene ripartito tra gli Istituti di previdenza e gli enti presso i quali i medesimi sono stati prestati…”).


Punto 4 Circolare INPS 169/2017
  • “Per gli iscritti alla CPDEL, alla CPS, alla CPUG e alla CTPS, la provvista, di cui all’art. 31, comma 2, della legge n. 610/1952, finalizzata a finanziare l’onere del trattamento di quiescenza spettante per i periodi di servizio utili ai fini della prestazione non assistiti dal corrispondente versamento di contribuzione, calcolata secondo le regole in materia di rendita vitalizia ex art. 13 della Legge 12 agosto 1962, n. 1338, non versata dal datore di lavoro inadempiente, sarà oggetto di recupero da parte dell’Istituto, anche in via coattiva, secondo le consuete modalità”.
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