Periodo nero per il settore industriale italiano che chiude il 2024 con numeri tutt’altro che rassicuranti. Sono circa 118mila i lavoratori che hanno perso il lavoro fino ad oggi rispettivamente all’interno dei settori della chimica, dell’automotive, della moda, dell’energia e della carta con il fallimento dello storico stabilimento di produzione di fogli A4 Fabriano che sancisce la fine di una vera e propria epoca.
La verità è che probabilmente le imprese non sono pronte ad affrontare tutte le sfide di transizione che i tempi, la concorrenza internazionale e l’Unione Europea richiedono. Verosimilmente l’assetto industriale italiano deve prima reinventarsi per potersi rilanciare ma la verità è che non ne ha né gli strumenti economici né lo Know How.
In tutte le grandi crisi industriali nelle quali il governo è intervenuto (così come gli esecutivi passati) lo ha fatto mediante aiuti economici volti a tamponare gli effetti negativi, ma come dice un antico proverbio non occorre dare il pesce a qualcuno per sfamarlo, ma insegnargli a pescare.
Le trasformazioni industriali imposte dagli impegni internazionali e dal normale progresso esigono politiche di tutela e reindustrializzazione volte a creare sistemi produttivi al passo con i tempi correlati da competenze specifiche nei lavoratori le quali esulano dall’azienda e sono sempre spendibili.
Anche quando intervengono grandi salvagenti governativi i numeri occupazionali sono tutt’altro che positivi con un brusco calo dei lavoratori dell’indotto e un impoverimento generale dell’attività industriale. Ciò che ne esce è un’impresa sì salva ma tecnologicamente povera.
Il ministro Urso ha preannunciato che le crisi delle aziende sotto i 250 dipendenti verranno gestite dalle Regioni le quali non sono ovviamente tutte sullo stesso piano, per quanto attiene la situazione economica di partenza e non solo, pertanto gli unici a pagare tale situazione saranno i lavoratori.
Le accuse provengono anche da Cgil la quale ha senza troppi filtri accusato il Mimit di voler scaricare delle responsabilità sulle regioni che non possono permettersi di sopportare.
Le repliche non tardano ad arrivare, il senatore Matteo Gelmetti ha rispedito al mittente le critiche replicando che: "Non è affatto vero. Al contrario, il Mimit ha promosso una riunione con le Regioni, presieduta dal ministro Urso, per offrire loro l’assistenza tecnica del Ministero sulle crisi industriali di competenza regionale. Questo per consentire anche alle Regioni prive di una struttura adeguata di affrontare le questioni di loro competenza, con il supporto del Dicastero e delle sue strutture tecniche, in uno spirito di piena e leale collaborazione tra gli organi dello Stato. Va sottolineato che la direttiva ministeriale che stabilisce quali crisi siano di competenza regionale risale alla scorsa legislatura".
Tuttavia il 2025 si prospetta come un anno critico per l’industria italiana coerente con la tendenza del 2024. L’economia è destinata ad un rallentamento significativo, il contesto globale non promette nulla di buono e i dazi di Trump complicano un quadro già complesso soprattutto per la poca competitività che l’Europa ha nel contesto internazionale.
Risultano essenziali gli investimenti della IA la quale può essere sfruttata soprattutto nel settore della logistica e investimenti nella formazione dei dipendenti nell’ottica del piano Transizione 5.0 il quale però pone importanti vincoli burocratici che potrebbero rallentare il processo di crescita.
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