Lo spirare del termine di novanta giorni dalla notifica dell’invito al pagamento del contributo unificato tributario (CUT) giustifica l’applicazione della sanzione in misura massima, ossia pari al 200 per cento del dovuto.
È quanto ha sostenuto la Commissione Tributaria Regionale per l'Abruzzo con la sentenza n. 76/04/19, pubblicata il 24 gennaio.
Il CUT.Nel contenzioso tributario il pagamento del contributo unificato è divenuto obbligatorio dal 7 luglio 2011 da parte chi iscrive la causa a ruolo. L’importo da versare a tale titolo è commisurato al valore della controversia, che si determina ai sensi dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 546/19921.
Per quanto è qui d’interesse, l’omesso o insufficiente versamento del tributo (il CUT ha natura di entrata tributaria) ha come conseguenza l’applicazione di una sanzione che può variare da 100 al 200 per cento del dovuto.
Ebbene, nel caso che ci occupa, i giudici della C.T.R. abruzzese, in riforma del verdetto di primo grado, hanno determinato in misura massima la sanzione applicata dal MEF a una Società, che ha omesso il versamento del CUT al momento dell’impugnazione di un atto d’imposizione tributaria.
La vicenda. Il giudizio nasce da una richiesta di pagamento della sanzione di euro 5.500,00, determinata nella misura del 200 per cento di quanto dovuto a titolo di contributo unificato.
Il Primo giudice, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla Società e dal socio destinatari del suddetto provvedimento, ha ridotto la sanzione all'importo di 3.000,00 euro.
Dal canto suo la C.T.R. di L’Aquila ha ripristinato il precedente trattamento sanzionatorio, in condivisione dell’unico motivo di gravame formulato dal MEF.
Nella fattispecie, il Ministero, valutata la circostanza che era spirato il concesso termine di novanta giorni dalla notifica dell'invito al pagamento e, quindi, configurandosi un caso d’inadempimento totale e definitivo, ha applicato la sanzione nella misura massima, anche facendo riferimento al contenuto della propria Circolare n. 2/DGT del 2012, che prevede una percentuale del 33 per cento per l'ipotesi di un breve ritardo fino al massimo nel caso di omesso pagamento entro il termine di novanta giorni.
Il Ministero, quindi, ha eccepito l'erroneità della decisione di prime cure, poiché, trattandosi di un totale inadempimento non sanato nonostante l'invio del prescritto avviso di pagamento, era giustificata l'applicazione della sanzione nella misura massima, non sussistendo, peraltro, altri motivi che ne giustificassero una riduzione.
Il Collegio abruzzese ha aderito all’obiezione ministeriale.
I giudici regionali scrivono «che, trattandosi, come già detto, di un inadempimento da definirsi sicuramente grave, poiché di natura totale e non sanato neanche dopo la ricezione dell'invito al pagamento (né peraltro risulta esser stato successivamente eseguito), sussistano gli estremi per applicare la sanzione nella misura massima, apparendo sul punto condivisibile il contenuto della citata circolare ministeriale, circolare che in questa sede viene ovviamente liberamente valutata senza la sussistenza di alcun obbligo giuridico di adeguamento. Va poi aggiunto che la difesa dei ricorrenti si è incentrata su non fondate considerazioni in merito alla ritualità della procedura, senza nulla in concreto dedurre né in merito alla fondatezza della richiesta né in ordine a eventuali, concreti e dimostrati fatti che abbiano causato una obiettiva difficoltà nel pagamento e, di conseguenza, giustificato una mitigazione della sanzione».
E allora la Commissione ha accolto l'appello e, in totale riforma dell'impugnata sentenza, ha respinto il ricorso proposto dal contribuente.
Le spese del doppio grado del giudizio sono state compensate interamente tra le parti.
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1D.lgs. n. 546/1992, art. 12, comma 2: «[…] Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore e' costituito dalla somma di queste.»