30 maggio 2018

Dipendenti pubblici sospesi in via cautelare: compilazione denuncia contributiva

Autore: Debhorah Di Rosa
Arrivano dall’INPS, con il messaggio n. 2161 del 29 maggio 2018, le opportune indicazioni riguardanti gli adempimenti e le modalità di regolarizzazione, da parte del datore di lavoro, dei periodi di sospensione cautelare in pendenza di un giudizio innanzi all’autorità giudiziaria.
Nei casi in cui si debba scomputare un periodo di sospensione disciplinare da un più ampio periodo di sospensione cautelare, il sostituto di imposta/datore di lavoro dovrà elaborare un V1, causale 5, relativo all’ultimo periodo di servizio utile che precede la data di decorrenza di detta sospensione valorizzando il Codice Cessazione 32 “Sospensione di periodo lavorativo utile” ed utilizzare gli elementi V1, causale 6, per eliminare i periodi di sospensione cautelare che coincidono con la sospensione disciplinare.

Caratteri della sospensione cautelare discrezionale - La valutabilità dei periodi in questione è collegata alla decisione definitiva dell’Amministrazione di appartenenza del lavoratore, in base alla quale è possibile regolare in modo stabile il rapporto tra Amministrazione e lavoratore.
Quando il lavoratore non è colpito da misure restrittive della libertà personale o la sospensione obbligatoria dal servizio non sia prevista da alcuna fonte normativa, il datore di lavoro ha solo la facoltà di sospendere il dipendente in relazione ai fatti contestati. Il datore di lavoro che adotta un provvedimento di sospensione cautelare discrezionale per un procedimento giudiziario in corso dovrà valorizzare le denunce contributive utilizzando, esclusivamente, il Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso”, indicando negli elementi “imponibile” delle gestioni di riferimento del dipendente il valore corrispondente all’assegno alimentare erogato. Non dovrà essere valorizzata la gestione previdenziale (ENPAS o INADEL) per le prestazioni di fine servizio (TFS/TFR).

Assegno alimentare - Il dipendente sospeso cautelativamente dal servizio è privato dello stipendio. Tuttavia, durante il periodo di sospensione, è prevista la corresponsione di un “assegno alimentare”, il cui ammontare è stabilito da disposizioni legislative ovvero dai CCNL, in misura non superiore alla metà dello stipendio stesso, oltre gli assegni per carichi di famiglia, fatte salve specifiche indicazioni. Esso costituisce reddito di lavoro dipendente e, come tale, è assoggettato alla relativa tassazione ed imponibile ai fini pensionistici e ai fini della gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e dell’assicurazione sociale vita (ex ENPDEP).

L’assegno alimentare non è imponibile, invece, ai fini previdenziali, per i dipendenti civili iscritti alle gestioni ex INADEL ed ex ENPAS. L’assegno alimentare non rientra infatti tra gli elementi della retribuzione contributiva utile ai fini del TFS o del TFR. Il datore di lavoro, dopo la definizione del procedimento disciplinare connesso ad un procedimento giudiziario per il quale aveva disposto un periodo di sospensione cautelare, è tenuto ad inviare le denunce contributive per aggiornare la posizione assicurativa del lavoratore al fine di riqualificare il periodo di sospensione cautelare disposto in via transitoria.

Disciplina speciale del personale militare - L’Amministrazione di appartenenza del personale militare è tenuta a versare i contributi ai fini pensionistici anche durante il periodo di sospensione cautelare, stante la spettanza a questa categoria di lavoratori della metà degli assegni a carattere fisso e continuativo.
Anche ai fini dell’indennità di buonuscita il periodo trascorso durante la sospensione dall’impiego è computato in ragione della metà.
Se alla sospensione precauzionale fa seguito la destituzione dall’impiego con effetto retroattivo, il periodo di sospensione in argomento non è utile ai fini delle prestazioni di quiescenza e previdenza e l’Amministrazione può recuperare i contributi versati.
Nei casi di destituzione con effetto non retroattivo, i periodi di sospensione cautelare dall’impiego che si collocano prima della data da cui decorre la destituzione sono comunque utili al cinquanta per cento.

Ricostruzione di carriera con erogazione degli arretrati della retribuzione - Nel caso in cui, a seguito dell’adozione di un provvedimento definitivo che incida sul periodo di sospensione cautelare, il datore di lavoro disponga la “restitutio in integrum”, il lavoratore ha diritto al trattamento retributivo che avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio.
In questo caso è necessario denunciare, per il lavoratore interessato, la nuova posizione discendente dal provvedimento definitivo: il sostituto di imposta/datore di lavoro è tenuto a versare i contributi sulle somme erogate per effetto della ricostruzione della carriera tenendo conto che il versamento dei contributi per le gestioni INADEL o ENPAS deve essere effettuato sul trattamento retributivo utile che il lavoratore avrebbe percepito, atteso che l’assegno alimentare corrisposto in precedenza non rientra nella base imponibile delle gestioni previdenziali per le prestazioni di fine servizio. Qualora, a seguito degli esiti del procedimento penale, si proceda alla ricostruzione della carriera, per i periodi precedentemente comunicati con il Tipo Servizio 83 “Sospensione cautelare dal servizio per procedimento giudiziario in corso” deve essere utilizzato l’elemento V1, Causale 7, Codice Motivo Utilizzo 3 “Regolarizzazione da Sentenza”.

Licenziamento o destituzione - Nel caso in cui il datore di lavoro adotti un provvedimento disciplinare di licenziamento o di destituzione, può richiedere la restituzione dei contributi pagati per le somme erogate durante i periodi di sospensione cautelare che si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro per effetto della retroattività del licenziamento.
Eventuali periodi di servizio resi dal dipendente a seguito della riammissione in servizio, per revoca del provvedimento di sospensione cautelare, sono utili ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza anche se, per effetto della retroattività del licenziamento o destituzione, si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro. Ciò in quanto si tratta di servizi effettivamente resi dal dipendente.

In questo caso, tali periodi sono valutati ai fini pensionistici e previdenziali in quanto connessi ad un’attività lavorativa svolta temporaneamente e sotto condizione risolutiva.
Il sostituto di imposta/datore di lavoro deve indicare nel V1, causale 5, riferito all’ultimo periodo che precede la data di cessazione del rapporto di lavoro, il Codice Cessazione 9 “Destituzione” ovvero 14 “Licenziamento”. Nel caso in cui, per effetto dell’efficacia retroattiva del licenziamento, alcuni periodi di servizio prestato per effetto della riammissione in servizio si collochino dopo la data di cessazione del rapporto è necessario indicare il Codice Cessazione 9 “Destituzione” ovvero 14 “Licenziamento” nel V1, causale 5, anche nell’ultimo periodo relativo alla riammissione in servizio.
Per eliminare i periodi di sospensione cautelare che si collocano dopo la data di cessazione del rapporto di lavoro si dovranno inviare gli elementi V1, causale 6.

Rimborso della contribuzione versata - Il datore di lavoro che abbia disposto la sospensione cautelare facoltativa per procedimento giudiziario in corso potrà recuperare i contributi versati per tale periodo qualora, a seguito dell’acquisizione di ulteriori elementi utili o della conclusione del procedimento penale, abbia adottato un provvedimento di sospensione (per sanzione disciplinare, per misure restrittive della libertà personale o per altre ipotesi di sospensione obbligatoria) in sostituzione della sospensione cautelare discrezionale.
In tale caso, il datore di lavoro dovrà inviare le nuove denunce contributive in sostituzione di quelle inviate in precedenza, rappresentando la nuova situazione secondo le istruzioni del presente messaggio.

Il recupero dei contributi è effettuato per l’intera aliquota (quota a carico del datore di lavoro e quota a carico del lavoratore) dal datore di lavoro, il quale è tenuto a restituire al lavoratore la quota posta a suo carico. Eventuali diffide da parte del lavoratore per il recupero della quota a suo carico devono essere indirizzate non all’Istituto, ma al datore di lavoro che ha effettuato le ritenute fiscali e previdenziali.
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