10 aprile 2018

I minimi possono scomputare i crediti d’imposta estera

Autore: Silvia Bettiol
Come noto, il reddito derivante dall’esercizio di attività commerciali o dall’esercizio di arti e professioni, determinato ai sensi dell’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 ‘c.d. regime dei minimi’ (sul tema C.M. n. 17/E/2012, e provvedimento 22/12/2011 n. 185820) oppure il reddito prodotto in regime forfetario, determinato ai sensi dell’art. 1, commi dal 54 a 89, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014, va dichiarato nel quadro LM del Modello Redditi PF.

Può capitare, però, che il contribuente in questione, oltre che svolgere attività in Italia, effettui delle prestazioni anche all’estero sulle quali subisce una ritenuta alla fonte. Si pensi al caso, ad esempio, del professionista, contribuente minimo che ha effettuato prestazioni in Spagna e su queste abbia subito delle trattenute certificate dalla società spagnola che le ha effettuate. Ci potremo chiedere se il reddito prodotto all’estero debba essere incluso nel conteggio del reddito ‘minimo’ da assoggettare a tassazione del 5% e se le ritenute subite nel paese estero sono scomputabili dall’imposta forfettaria italiana.

Le istruzioni ministeriali al rigo LM2 precisano che deve essere indicato "l’ammontare lordo complessivo dei compensi, in denaro e in natura, anche sotto forma di partecipazione agli utili, derivanti dall’attività professionale o artistica, percepiti nell’anno, compresi quelli derivanti da attività svolte all’estero."

In sostanza, anche le prestazioni svolte all’estero confluiscono nel conteggio del reddito assoggettato a tassazione sostitutiva del 5%. Questo si desumeva anche dalla guida Agenzia Informa del 2008, dove emergeva quanto segue: “Un contribuente residente in Italia che svolge prestazioni di lavoro autonomo all’estero (traduzioni simultanee in Spagna) soggette ai fini IVA al regime di cui all’articolo 7 del D.P.R. n. 633 del 1972, può utilizzare il regime dei minimi? L’effettuazione di prestazioni per le quali non sussiste ai fini dell’IVA il requisito della territorialità non preclude al contribuente l’accesso al regime dei minimi. Resta inteso che i compensi derivanti dalle operazioni in questione rilevano ai fini della verifica del limite dei 30.000 euro di ricavi, superato il quale è precluso l’accesso al regime dei minimi”.

Si tratta, peraltro, di un approccio coerente con la tassazione su base mondiale prevista dall’art. 3 del tuir.

A questo punto, in considerazione del fatto che i redditi sono assoggettati ad imposta sostitutiva del 5%, ragionando per analogia con i redditi che sono sottoposti a tassazione sostitutiva del 26%, verrebbe da prima facile da pensare che non spetti alcun credito per eventuali imposte pagate all’estero sul medesimo reddito.

Sempre dalle istruzioni ministeriali dello stesso quadro, però, emerge che nel rigo LM40 (crediti d’imposta), vanno indicati, i crediti d’imposta che possono essere utilizzati in diminuzione dell’imposta sostitutiva dovuta, tra i quali sono compresi in colonna 2, i crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero: questa colonna è riservata a coloro che hanno pagato delle imposte all’estero per redditi ivi prodotti ed intendono, pertanto, fruire dei crediti d’imposta spettanti. In questa colonna va indicato il credito d’imposta complessivamente spettante e […] i predetti crediti d’imposta possono essere utilizzati fino a concorrenza dell’imposta sostitutiva.

In sostanza, pare di capire che non è necessario compilare il quadro CE per determinare il credito estero spettante, perché spetta comunque il credito per imposte estere direttamente da dichiarare nel quadro LM.

Ma vi è di più; le istruzioni ministeriali evidenziano anche che “La parte dei crediti d’imposta del rigo LM40 non utilizzata nel presente quadro deve essere riportata negli appositi campi del quadro RN, seguendo le istruzioni fornite con riferimento a ciascun credito.” Ciò significa che, nel caso di crediti per imposte prodotte all’estero, quello che avanza come imposta estera eccedente l’ammontare dell’imposta sostitutiva, può essere utilizzato per abbattere l’IRPEF che invece è dovuta sugli altri eventuali redditi del contribuente (ad esempio redditi da lavoro dipendente).

Riteniamo quindi di poter affermare che anche al contribuente minimo o forfettario spetta un credito per le imposte corrisposte all’estero, purché queste siano divenute definitive e nei limiti dell’imposta sostitutiva dovuta in Italia.

Non compilando il quadro CE, però, riteniamo non sia garantita la possibilità di riportare in avanti eventuali eccedenze di imposta estera.

Un approccio simile emerge anche in sede di compilazione del rigo RM17 in presenza di redditi assoggettati a tassazione separata derivanti da partecipazione CFC in imprese estere (art. 167 del TUIR). In questo caso, in colonna 5 si deve indicare l’imposta pagata all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente sul reddito indicato fino a concorrenza dell’importo di colonna 4, in sostanza fino a concorrenza dell’imposta che emerge dalla tassazione separata dovuta in Italia. Anche qui si ritiene non sia possibile riportare in avanti eventuali eccedenze di imposta estera. Su quest’ultima fattispecie la conferma della possibilità di utilizzare il credito senza dover compilare il quadro CE, era giunta anche con la R.M. 108/E/2016 dove l’Agenzia evidenziava che “i modelli di dichiarazione non prevedono, negli appositi quadri riguardanti i redditi dei soggetti esteri localizzati in regimi fiscali privilegiati (FC/RM), una sezione specifica relativa al credito […]. Pertanto, i dati rilevanti ai fini del calcolo del predetto credito dovranno essere riportati in un prospetto specificamente redatto e conservato a cura del contribuente […]”.
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