In tema di esonero dall'ICI per i coltivatori diretti o imprenditori agricoli su terreni edificabili direttamente coltivati la disposizione attiene alla natura oggettiva del fondo, che deve considerarsi agricolo laddove ricorrano il possesso e la diretta conduzione dei terreni da parte di tali soggetti e la persistenza dell'utilizzazione agro-silvopastorale. In presenza di tali presupposti il terreno soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia.
Il caso
La Corte di Cassazione, con l’
Ordinanza n. 18302 del 08/07/2019, ha chiarito un importante aspetto in tema di agevolazioni Ici/Imu per i coltivatori diretti.
Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva parzialmente rigettato l'appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, la quale ne aveva rigettato il ricorso, avverso l'avviso di accertamento che aveva liquidato la maggiore imposta comunale sulle aree considerate fabbricabili, sul presupposto che le agevolazioni, invocate ai sensi dell'art. 2 e 9 del D.Lgs. n. 504/92 non potessero essere applicate, in quanto si riferivano a terreni agricoli e non a quelli edificatori.
Avverso la pronuncia della CTR i contribuenti proponevano quindi ricorso per cassazione, deducendo, per quanto qui di interesse, violazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992.
La decisione
Secondo la Suprema Corte la censura era fondata.
Evidenziano infatti i giudici di legittimità che i giudici di secondo grado non avevano correttamente applicato la norma di legge che atteneva all'esonero dall'ICI spettante ai coltivatori diretti o imprenditori, a titolo principale, sui terreni edificabili direttamente coltivati.
La deroga, ricorda la Cassazione, è sancita, in questo caso, dalla seconda parte del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), laddove tale disposizione attiene alla natura oggettiva del fondo, che deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell'imposta, in quanto ricorrano tre condizioni:
a) il possesso dei terreni da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale;
b) la diretta conduzione dei medesimi da parte dei predetti soggetti;
c) la persistenza dell'utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione.
Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace dunque all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia, per ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali.
Lo sfruttamento edilizio, sottolinea infatti la Corte, è incompatibile con la permanente destinazione a scopi agricoli sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri.
Nel caso di specie, concludono i giudici, la CTR avrebbe quindi dovuto accertare se l'immobile in oggetto era interamente posseduto e condotto, esercitandovi attività agricola, anche da un solo soggetto che ne fosse comproprietario e che possedesse i requisiti di cui al comma 1 dell'art. 9 del D.Lgs. n. 504/92, in quanto l'agevolazione fiscale, essendo correlata ad un requisito quale lo svolgimento di attività agricola, incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell'area, ha carattere oggettivo anche a favore degli altri comproprietari (cfr., Cass. 13737/2018).
Osservazioni
Si ricorda sul tema che il comma 2 dell'art. 58 D.Lgs.446/97 ha poi stabilito che, ai fini dell'applicazione dell'art. 9, comma 1, cit., "si considerano coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali e soggette alle forme obbligatorie di assicurazione in agricoltura".
Le agevolazioni richiamate dall'art. 9, co. 1 cit., secondo un primo indirizzo di legittimità, sarebbero dunque applicabili unicamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle società che svolgano attività agricola; anche considerato che "la limitazione agli imprenditori agricoli individuali è stata successivamente ribadita ed, anzi, ulteriormente ristretta dall'art. 58, secondo comma, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 mediante la previsione della necessaria iscrizione delle persone fisiche negli appositi elenchi comunali" (cfr. Cass., sent. n. 26642/17, n. 14734/14, n. 14145/09 e n. 9770/10).
La stessa Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 11415 del 30/04/2019, ha poi però affermato che, in tema di ICI, le agevolazioni di cui all'art. 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992, consistenti nel considerare agricolo anche il terreno posseduto da una società agricola di persone, si applicano qualora detta società possa essere considerata imprenditore agricolo professionale, e cioè ove lo Statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. ed almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo, ovvero abbia conoscenze e competenze professionali e dedichi alle attività agricole almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando da dette attività almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.
L’agevolazione Ici, consistente nel considerare comunque agricolo il terreno posseduto e direttamente coltivato da imprenditori agricoli professionali, in base al più recente indirizzo di Cassazione, non è dunque limitata alle persone fisiche, ma si estende anche alle società agricole di persone, in possesso dei requisiti richiesti per gli imprenditori agricoli professionali e i cui soci siano anch'essi imprenditori agricoli professionali.