11 ottobre 2018

Il Reddito di cittadinanza italiano parla Tedesco

Autore: Mattia Gigliotti
Il reddito di cittadinanza, che il governo intende introdurre, sarà ispirato al modello tedesco.

Lo si apprende dalle parole del Ministro del Lavoro Luigi Di Maio che, riferendosi all’incontro avuto con il suo omologo tedesco, ha affermato: “[…] ho incontrato il Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali Hubertus Heil, che rappresenta con i centri per l’impiego tedeschi un’eccellenza assoluta a livello europeo. Un esempio a cui ispirarci e con cui collaboreremo a livello bilaterale nell’immediato futuro”. Inoltre: “Sapere che avremo accanto il governo tedesco nella rifondazione, perché non è la ristrutturazione, dei centri per l'impiego e per le politiche attive per il lavoro dei giovani mi rincuora".

Si avvia, dunque, una collaborazione con il Ministro tedesco per la riorganizzazione dei centri per l’impiego, necessaria per poter dare concreta realizzazione all’erogazione del sussidio che sarà così ideato sulla base di quello attualmente in vigore in Germania.

Ciò lo si intuisce anche dalle parole del Ministro tedesco: “adesso ho capito che il reddito di cittadinanza non è uno strumento assistenzialista, ma uno strumento di politiche attive del lavoro, come il nostro Hartz IV”.

Ma come è strutturato il modello tedesco?

In Germania chi perde il lavoro ha diritto ad un anno di assegno di disoccupazione tradizionale basato sull’ultimo salario (circa il 60% dell’ultimo stipendio), con allungamento temporale per i soggetti più anziani. Superato questo primo periodo senza aver trovato nuovo impiego si entra nel sistema conosciuto come Hartz IV. In quest’ultimo caso il sussidio corrisposto è pari a 416 euro mensili, cui si aggiungono ulteriori aiuti da parte dello Stato per il pagamento dell’affitto di casa (compreso il riscaldamento ma non le bollette di luce e telefono), per il mantenimento di eventuali figli e altre situazioni particolari.

Naturalmente, a fronte del predetto sussidio, il beneficiario dovrà non solo partecipare a corsi di formazione per la riqualificazione professionale, ma anche attivarsi nella ricerca di una nuova occupazione rivolgendosi ai centri per l’impiego diffusi sul territorio nazionale. Inoltre, nel caso di offerte di lavoro che dovessero pervenire dai centri di collocamento, il disoccupato non potrà rifiutare per più di tre volte. Infatti, qualora non accettasse le offerte di lavoro, quest’ultimo – a partire dal primo rifiuto - vedrebbe diminuire l’importo del suo assegno in misura via via maggiore sino ad arrivare al 100% del sussidio.

Attraverso queste affermazioni, dunque, ancora una volta il Ministro del Lavoro italiano fa intendere che il sostegno alla disoccupazione sarà garantito non con misure assistenzialistiche ma attraverso la corresponsione di un sussidio condizionato alla volontà e alla disponibilità del percettore a rientrare nel mondo del lavoro.

Se la misura sarà efficace a superare l’elevato tasso di disoccupazione, non è dato sapere, il vero problema è che i centri per l’impiego non sono ancora idonei e strutturati in maniera adeguata a fronteggiare le richieste (tante) che potrebbero da qui a qualche mese ricevere dai tanti soggetti in cerca di lavoro.

Se si pensa che in molte realtà i dati vengono ancora raccolti su carta con l’uso della penna, ben si comprende come la strada sia tutta in salita.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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