12 ottobre 2018

Impatriati: altri chiarimenti

Autore: Pasquale Pirone
Può godere del regime di favore previsto per gli impatriati (Art. 16 D. Lgs. n. 147/2015) un cittadino italiano in possesso di un titolo di laurea, iscritto all’AIRE negli anni in cui ha svolto attività di lavoro dipendente all’estero (ossia da gennaio 2012 a maggio 2018), che nel giugno 2018 è rientrato in Italia ed è stato assunto dall’11 giugno 2018 (in altra società) con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e si è iscritto all’Anagrafe della popolazione residente del comune?
E’ questo il quesito cui l’Agenzia delle Entrate ha dato risposta ad un’istanza di interpello appositamente presentata (si tratta delle Risposta n. 32 pubblicata ieri, 11 ottobre, sul proprio sito istituzionale).

La normativa è rispettata – Il “regime speciale per lavoratori impatriati” è stato introdotto dal nostro legislatore per incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo. E’ contenuto nell’art. 16 del D. Lgs. n. 147/2015 e si concretizza nel fatto che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia da contribuente “impatriato” concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50%. Si verifica quindi una “detassazione”, la quale però sarà solo temporanea nel senso che risulta applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale nel nostro Paese ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi. Il beneficio si applica anche ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della Legge n. 238/2010, le cui categorie sono state individuate con il decreto MEF del 26 maggio 2016. All’art. 1 comma 2 di quest’ultimo si stabilisce che ne sono destinatari anche i cittadini dell’Unione europea che: sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, oppure hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream. Per accedere all’agevolazione è necessario che il contribuente:
  • trasferisca la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR (in base al quale sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni, o 184 giorni in caso di anno bisestile, sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile)
  • e si impegni a permanervi per almeno due anni.

E’ altresì necessario che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio. Tale periodo minimo non è specificato dalla norma, per cui l’Agenzia delle Entrate è dovuta intervenire con un chiarimento nella Circolare n. 51/E/2018, in cui si è detto che “la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisce il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”.
In definitiva, l’Agenzia delle Entrate, nel caso in esame, non ravvisa elementi che facciano venir meno la possibilità per il contribuente di beneficiare dell’agevolazione (nel presupposto che per gli stessi periodi di lavoro all’estero il dipendente non risulti fiscalmente residente in Italia ai sensi dell’articolo 2, del TUIR).
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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