5 ottobre 2018

Indeducibilità delle somme da transazione tra banche e risparmiatori

Autore: Giovambattista Palumbo
A seguito dei tanti scandali finanziari che negli ultimi anni hanno caratterizzato la nostra economia, sempre più spesso, visti i risultati delle cause nelle diverse sedi giudiziarie (finora conclusisi praticamente tutti a favore dei risparmiatori), le banche sono ormai sempre più propense a cercare di chiudere le vertenze processuali tramite transazioni. Qual è il corretto trattamento fiscale dei costi derivanti da tali transazioni?

La nullità dei contratti di vendita di titoli obbligazionari e strumenti finanziari “a rischio” - A carico degli operatori bancari sussiste un vero e proprio obbligo di valutare la situazione patrimoniale, la propensione al rischio e gli obiettivi di investimento del cliente, consigliandolo di conseguenza.
Tale obbligo, peraltro, rappresenta la concreta applicazione dei principi generali di correttezza, diligenza e trasparenza sanciti dalla normativa codicistica e da quella di settore (vedi artt. 1175 e 1176, comma 2, del codice civile).
Nel caso in cui tali obblighi non vengano rispettati, ne consegue dunque l'annullamento delle operazioni eseguite dalla banca, in quanto eseguite in violazione di norme imperative di legge con conseguente illiceità della causa, ai sensi dell'art. 1343 del codice civile.
E l’onere della prova in tali circostanze è a carico delle Banche, dato che, come disposto dell'art. 23, comma 6, del Dlgs. n. 58 del 1998 "nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta. Nel caso delle richieste di risarcimento avanzate dai clienti costituisce uno specifico onere della banca, pertanto, provare di aver fornito al cliente tutte le informazioni necessarie per effettuare un "acquisto consapevole".

Le conseguenze fiscali: indeducibilità delle somme da transazione per difetto di inerenza - Fatta questa necessaria premessa sulla connotazione civilistica della vicenda, vediamo dunque quali sono le conseguenze fiscali: essendo i contratti sottoscritti nulli, i relativi costi da transazione sono indeducibili per difetto di inerenza. Ad avviso della Corte di Cassazione (Cfr. Cass., sent. 29 maggio 2000, n. 7071), infatti, per tutti i costi relativi a comportamenti illeciti del contribuente, non può essere configurato un rapporto funzionale alla produzione del reddito.
Non è possibile quindi considerare tali importi come costi sostenuti a fronte di ricavi, dato che è evidente la mancanza di un rapporto di causa ed effetto tra l'esborso stesso ed i componenti positivi di reddito, o i maggiori ricavi, realizzati.

Un caso concreto - Che però un intervento normativo sia opportuno, lo dimostrano anche recenti casi giurisprudenziali. La CTR Toscana, con la sentenza n. 1565/4/18 del 13 Settembre 2018, ha infatti risolto un contenzioso proprio in tema di deducibilità dei costi da transazione civilistica su obbligazioni, laddove erano stati per l’appunto recuperati a tassazione costi “per perdite su prodotti strutturati”, dedotti a seguito di transazioni fatte dopo decisioni sfavorevoli dell'autorità giudiziaria.
La CTR, confermando la sentenza di primo grado, riteneva i recuperi illegittimi, evidenziando che si trattava di posizioni nelle quali la banca non poteva fare altro che cercare di limitare le perdite e che, come affermato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, "la scelta imprenditoriale di transigere con un proprio cliente non rende indeducibile la perdita conseguente perché - come innanzi rilevato – il legislatore ha riguardo solo alla oggettività della perdita" (Cfr., Ord. Cass. 10256/2013 e sent. 23863/2007).

Conclusioni - In conclusione, se tali importi potessero essere dedotti, essi sarebbero a carico della collettività (compresi, per assurdo, gli stessi risparmiatori “traditi”), in termini di minor gettito fiscale.
E la fattispecie potrebbe riguardare comunque non solo questi casi limite, ma tutti i principali illeciti operati dalle banche (sui conti correnti, affidamenti, mutui e leasing) e le controversie che nascono con i clienti e che si chiudono con risarcimento e/o transazioni poi (illecitamente) dedotte dalle banche stesse, potendo valere quindi, viste le cifre in gioco, anche centinaia di milioni di Euro.
Visto che sembra che sia pratica piuttosto comune e visto che il solo modo per intercettarla è poi eventualmente in sede di accertamento, una norma interpretativa, che ne stabilisca espressamente il difetto di inerenza, potrebbe essere molto rilevante, oltre che giusta.
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