26 aprile 2018

Insegne “compro oro” senza imposta

Autore: Paola Mauro
Le scritte «Compro oro e argento» e altre simili non sono assoggettabili all'imposta prevista dal D.lgs. n. 507/1993, poiché non rappresentano un messaggio volto alla pubblicizzazione dell'attività economica di scambio di beni o servizi, avendo una mera connotazione informativa.

Lo sostiene la Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo nella breve sentenza n. 579/02/17, pubblicata il 5/12/2017.

Una S.n.c., esercente l’attività commerciale di Compro oro, ha impugnato il provvedimento con cui le è stato richiesto il pagamento dell'imposta comunale sulla pubblicità (in seguito solo ICP), oltre sanzioni, interessi e spese (complessivamente € 355,00), per taluni messaggi presenti presso il negozio.

L’ICP trova la sua disciplina nel D.lgs. n. 507 del 1993, il cui articolo 5 chiarisce che presupposto dell'imposta è «1. La diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile»; la norma aggiunge che «Ai fini dell'imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell'esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato.»

Ebbene, nel caso che ci occupa, la CTP di Bergamo ha accolto l’impugnazione della società poiché, a suo giudizio, i «messaggi» in contestazione non integrano il presupposto dell’imposta come sopra descritto.

Precisamente il Collegio esclude «che le scritte “Compro oro”, “Compro oro e argento”, “Compro oro e argento – Aperto” costituiscano messaggio pubblicitario idoneo, ai sensi dell’art. 5, D.lgs. n. 507/1993 “a promuovere la domanda di beni o servizi” o “a migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato”, avendo le stesse non quella tipica funzione persuasiva ma unicamente mera connotazione informativa. A tale conclusione si perviene pure, secondo la ratio legislativa, per le vetrofanie “Pago bene” e “Supervalutazione 100 gr” le quali erano inoltre occasionalmente esposte, prive di segni distintivi della ditta».

Queste considerazioni hanno indotto la CTP di Bergamo ad annullare l’avviso di liquidazione notificato alla società ricorrente da parte del Concessionario della riscossione, che è stato condannato al pagamento delle spese del giudizio.
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