5 aprile 2018

Irap: il collaboratore fisso non fa scattare l’imposizione

Cassazione Tributaria, ordinanza pubblicata il 4 aprile 2018

Autore: Paola Mauro
Non è sintomo di autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP la presenza nello Studio professionale di una segretaria (nella specie, per 312 giorni l’anno). È quanto sostengono i giudici di legittimità nell’ordinanza n. 8189/2018 pubblicata ieri.

Con tale ordinanza, la Sesta Sezione Civile – T della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio – Sez. Dist. di Latina – che ha annullato la cartella di pagamento per Irap 2006 rivolta a un odontoiatra.

Il professionista in questione è finito sotto la lente del Fisco per via dei compensi corrisposti a terzi, dei beni strumentali ritenuti eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività e, soprattutto, per la presenza stabile nello Studio professionale di una dipendente con mansioni di segretaria.

La Suprema Corte ha confermato il disposto della sentenza impugnata ma ha corretto la motivazione.

Precisamente i Giudici di legittimità hanno rilevato l’erroneità dell’affermazione della CTR di Latina, secondo cui lo svolgimento di un’attività di natura intellettuale sarebbe, di per sé, incompatibile con l’elemento dell’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto impositivo dell’IRAP.

A tal riguardo, i Massimi giudici non mancano di richiamare l’insegnamento delle Sezioni Unite (sent. n. 9451/2016), secondo cui, il presupposto impositivo dell’Irap ricorre quando il libero professionista/lavoratore autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga, in modo non occasionale, di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Nel caso di specie, dunque, per gli Ermellini è irrilevante «la presenza di una unità di personale dipendente, seppure per 312 giorni l’anno», con mansioni segretariali. Sono altresì irrilevanti «l’entità dei compensi a terzi per circa 14.000,00 euro» e l’entità dei beni strumentali, che «per l’anno di riferimento risulta in linea con l’attività propria del settore odontoiatrico».

Viceversa potrebbe essere assunto come elemento significativo dell’autonoma organizzazione «la pluralità di studi riconducibili allo stesso professionista»; ma tale aspetto non ha potuto essere valutato dai giudici di legittimità ai fini dell’accoglimento del ricorso erariale, poiché, da un lato, la sentenza impugnata fa riferimento a un solo «studio attrezzato», dall’altro, l’Amministrazione ricorrente «solo nella narrativa del ricorso discorre di due studi in due località diverse, ma non fa oggetto di specifica censura la sentenza impugnata laddove questa mostra di recepire che l’attività del professionista è svolta in un solo studio attrezzato di cui lo stesso è responsabile».

In conclusione, la Suprema Corte rigetta il ricorso e non addebita le spese del giudizio all’Agenzia delle Entrate, in ragione del fatto che l’intimato non ha svolto difese.
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