8 settembre 2018

La domanda di concordato preventivo

Autore: Paola Sabatino
Ai sensi dell’articolo 160, della Legge Fallimentare, legittimato a proporre domanda di concordato preventivo è esclusivamente il debitore. Pertanto, tale iniziativa, non è ammessa da un soggetto diverso dal titolare dell’impresa versante in una situazione di crisi, ovvero di insolvenza.
L’Agenzia delle Entrate, sul punto, con la Circolare n.16/E, pubblicata il 23 luglio 2018, ha fornito ulteriori chiarimenti, focalizzando l’attenzione su quelle che sono state le varie evoluzioni giurisprudenziali nella disciplina del concordato preventivo.

La domanda di concordato preventivo - Nel documento di prassi, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, l’imprenditore che intende accedere al concordato preventivo deve proporre la relativa domanda mediante ricorso al Tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa.

Si precisa che, ai sensi dell’articolo 161, comma 2, della Legge Fallimentare, il debitore, deve presentare con il ricorso:
  • un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
  • uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
  • l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
  • il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
  • un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.

Per quanto concerne il contenuto della proposta, il nuovo articolo 182-ter, della L.F. precisa “Con il piano di cui all'articolo 160 il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori…”. A parere dell’Agenzia delle Entrate, quindi, il citato articolo, ammette il pagamento parziale dei crediti tributari, compresi quelli relativi all’IVA e alle ritenute fiscali, in qualsivoglia ipotesi di concordato preventivo.

Nell’assetto delineato dalla nuova norma, tutti i crediti tributari sono falcidiabili, fermo restando le garanzie previste dal secondo comma dell’articolo 160, della Legge Fallimentare, il quale stabilisce che “la proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”.

Inoltre, continua il documento dell’Agenzia delle Entrate, se i crediti vantati dalle agenzie fiscali o dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie sono assistiti da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento, nonché le eventuali garanzie, proposti per i crediti tributari e previdenziali non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei.

Qualora, sussistano le citate condizioni, la domanda di concordato preventivo, potrà prevedere la soddisfazione non integrale del credito tributario privilegiato, mentre la parte del suddetto credito falcidiata, degraderà a credito chirografario e sarà inserita in una classe apposita, ai sensi dell’articolo 182-ter, secondo comma, della Legge Fallimentare.

Con riguardo ai crediti chirografari, nella Circolare in commento l’Agenzia, precisa che, il trattamento del credito tributario o contributivo non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori non muniti di alcun diritto di prelazione o, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.

Il Decreto Legge n. 83/2015 ha, inoltre, previsto che, salvo il caso del concordato preventivo con continuità aziendale, la proposta deve, in ogni caso, assicurare il pagamento dei crediti chirografari nella misura di almeno il 20 per cento dell’ammontare complessivo.

In conclusione l’Agenzia delle Entrate, chiarisce, secondo la modifica normativa introdotta con il D.L. n. 83/2015, che, la proposta di concordato, deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile procurata in favore di ciascun creditore.
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