7 settembre 2018

La legittimità dell’accertamento sostitutivo

Autore: Gianfranco Antico
Il termine autotutela sta ad indicare la potestà che ha la Pubblica Amministrazione di intervenire, sia d'ufficio che su istanza di parte, al fine di modificare od annullare provvedimenti precedentemente emessi, consentendo quindi alla stessa Amministrazione di autodifendersi dai propri errori al fine di assolvere correttamente i propri compiti istituzionali. Tuttavia, così è possibile all'ufficio provvedere all'annullamento dell'atto illegittimo ed alla successiva riemissione di un altro avviso di accertamento, nel caso in cui sia incorso in un errore.
Le pronunce della Corte di Cassazione, emesse nel corso di questi anni, vanno sulla scia di un orientamento ormai consolidato che ha confermato la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela, con rimozione di un atto di accertamento illegittimo e contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato.

In particolare, nella sentenza n. 9197/2011, la Corte di Cassazione ha operato un preciso distinguo: “ il potere di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (l’avviso di accertamento originariamente adottato) che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, il quale, nella ricorrenza del presupposto della conoscenza di nuovi elementi da parte dell’ufficio, integra e modifica l’oggetto ed il contenuto del primitivo atto cooperando all’integrale determinazione progressiva dell’oggetto dell’imposta, conservando ciascun atto la propria autonoma esistenza ed efficacia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione. L’atto di autotutela, al contrario, assume ad oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo, ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico, del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato (Cass., 22 febbraio 2002, n. 25; V. anche Cass., 7 luglio 2009, n. 15874)”. Prosegue la sentenza: “ Considerato che, a fronte di un atto viziato, e come tale annullato in sede giurisdizionale, quest’ultimo non presenta margini di discrezionalità, ne inferisce, quindi, che l’emissione, nell’esercizio del suddetto potere di sostituzione, di un nuovo avviso di accertamento in luogo di uno precedente illegittimo e annullato in sede giurisdizionale (seppure con decisione non definitiva) non può che implicare, ad un tempo ed automaticamente, la definitiva caducazione dell’avviso sostituito, attraverso la presa d’atto della relativa illegittimità. Nè possono, d’altro canto, paventarsi indebite interferenze con il divieto di plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto sancito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art.67 (a salvaguardia del quale la giurisprudenza generalmente subordina la legittimità della sostituzione all’annullamento dell’atto sostituito), giacchè, quand’anche per avventura ulteriormente coltivato (cosa, peraltro, nella specie non avvenuta, a riprova dell’abbandono da parte dell’Amministrazione degli atti emessi dall’Ufficio di Rimini), il giudizio relativo al primo avviso non potrebbe che, conseguentemente, sfociare in una declaratoria di cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno, con la sostituzione, ogni interesse ad una decisione relativa ad un atto (il primo avviso) ormai deprivato di ogni portata impositiva, esclusivamente concentratasi, per la sostituzione, nell’avviso che lo ha rimpiazzato”. Resta fermo, osserva la Corte, che il corretto esercizio del potere di autotutela “presuppone la mancata formazione del giudicato e la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’accertamento (Cass., 26 marzo 2010, n. 7335; Cass., 22 febbraio 2002, n.2531)”.

Su tale aspetto è ormai concorde la giurisprudenza, riconoscendo la facoltà di procedere alla sostituzione dell'atto, entro i termini di decadenza ed anche in pendenza di giudizio, collegandola all'esercizio del potere di autotutela spettante all'Amministrazione, con il solo limite dell'eventuale giudicato formatosi in ordine al precedente atto nullo ( Cfr. Cass. Sez.Unite, 17.03.89, n.1333).
Gli Ermellini, in questi giorni, con l’ordinanza n.18420 del 12 luglio 2018 hanno confermato tale principio: il giudicato formale non impedisce l’emissione di un nuovo provvedimento sostitutivo del precedente, ed emendato degli errori presenti.

Né la proposizione del ricorso si pone " come fattore ostativo alla rimozione dell'avviso nullo ", non sussistendo ancora, in assenza di giudicato sostanziale, alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente (Cass.Sez.I, 8 aprile 1992, n.4303).
Con chiarezza, con la sentenza n.4823 del 28 febbraio 2014, la Corte di Cassazione ha confermato che “l’Amministrazione, in mancanza di una norma ostativa, può emanare nei termini di decadenza, nell’esercizio del potere di autotutela, atti sostitutivi di quelli precedenti, ancorché identici nel contenuto e con lo stesso numero di protocollo dell’atto sostituito”. Nel caso in questione, l’ufficio ha provveduto a notificare, nel termine triennale, altro avviso di liquidazione completo di sottoscrizione, a rettifica del precedente avviso non sottoscritto. “Questa Corte ha già rilevato che è legittimo il comportamento dell'amministrazione finanziaria che annulli un avviso di accertamento, già notificato al contribuente e, nell'esercizio del potere generale di autotutela, diverso dal potere previsto dall'art. 43, comma terzo, del D.P.R. n. 600 del 1973, lo sostituisca con un nuovo avviso (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2531 del 22/02/2002, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19064 del 12/12/2003). Né è preclusivo dell’intervento sostitutivo la circostanza che il giudizio sul primo atto fosse ancora pendente”.

E con la Sentenza n.3248 del 18 febbraio 2016, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’atto emesso in sostituzione di altro precedente annullato in autotutela, pur in assenza di nuovi elementi. Nel caso di specie il primo atto era stato emesso dall’Amministrazione finanziaria privo della pagina relativa all’irrogazione di sanzioni, e sostituito dal secondo atto completo delle sanzioni). La Corte, alla luce dei principi espressi e di recente ribaditi (cfr. Cass. n. 4029/2015), ha affermato che “ in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest'ultimo, ma costituisce esercizio dell'ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l'emanazione dell'atto annullato, nonché del generale potere di autotutela, in ordine alla quale, peraltro, l'Amministrazione non gode di alcun margine di discrezionalità (diversamente da quanto accade ordinariamente), trattandosi di integrare le parti che hanno dato luogo all'invalidità dell'atto precedente: la sua emissione, pertanto, non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell'Ufficio. Ed ancora, nel senso della legittimità della cd. autotutela in malam partem, che "in materia tributaria, il potere di autotutela è funzionale al soddisfacimento dell'interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, sicché è legittimo l'annullamento, in tale sede, di un atto favorevole al contribuente, non essendone preclusa l'adozione dal D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 1 recando quest'ultimo un'elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui l'amministrazione finanziaria può procedere all'annullamento in autotutela (cfr. Cass. n. 6398/2014 ed in termini, Cass. n. 22827/2013; id. n.ri 2531/2002, 3951/2002)”.

La lettura delle sentenze della Corte di Cassazione ci porta alle seguenti sintetiche considerazioni: l’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicché, rimosso con effetto “ex tunc” l’atto di accertamento illegittimo od infondato, l’Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare – nella permanenza dei presupposti di fatto e di diritto – la potestà impositiva.
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