13 settembre 2018

La plusvalenza da registro non gioca più

Autore: Gianfranco Antico
Con l’ordinanza n. 21103 del 24 agosto 2018 la Corte di Cassazione ha confermato che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il riferimento contenuto nella detta norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo).” (Cass. n. 19227/2017, n. 12265/2017).

Come è noto, l’art. 5, comma 3, del D.lgs. n. 147 del 14 settembre 2015, in G.U. n. 220 del 22 settembre 2015, norma entrata in vigore il 7 ottobre 2015, è intervenuto sulle modalità accertative degli Uffici finanziari di rettificare, per quel che qui ci interessa1, ai fini reddituali, la plusvalenza dichiarata a seguito di cessione di un bene immobili – art. 67, del T.U. n. 917/86- sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131/86.

Il nuovo dettato normativo prevede che “Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347”.

Sulla base di tale norma, la norma di interpretazione autentica introdotta dall’art. 5, comma 3, del D.Lgs.n.147/2015 impone l’acquisizione di ulteriori elementi e circostanze, anche se presuntivi.

Sul punto, nel corso dell’ultimo periodo, all’indomani dell’introduzione della norma, più volte è intervenuta la Corte di Cassazione.

Già con la sentenza n. 18234 del 16 settembre 2016, ha confermato che in caso di cessione di immobile o di azienda, il maggior valore definito ai fini dell’imposta di registro non è applicabile automaticamente alle imposte dirette, rilevando che “questa Corte ha già ripetutamente affermato l'applicabilità della norma anche a situazioni oggetto di giudizi in corso all'atto della sua entrata in vigore (cfr. Cass. 11543/16, 7488/16, 6135/16), in base al rilievo (v., anche, Cass. 23550/15) che l'esplicita attribuzione alla norma di portata interpretativa di disposizione previgente - se non rende la norma, per ciò stesso, effettivamente interpretativa - le conferisce, di certo, carattere retroattivo, giacché attesta l'intento del legislatore di attribuire alla norma medesima quell'efficacia retroattiva (e, dunque, portata regolatrice di fattispecie formatesi precedentemente alla sua entrata in vigore), che, delle leggi interpretative, costituisce elemento connaturale (cfr., tra le altre, C. Cost. 246/1992)”.

Ancora, con l’ordinanza n. 1823 del 24 gennaio 2017, gli Ermellini hanno confermato che l’avviso di accertamento con cui l’ufficio determina la plusvalenza in caso di cessione di immobile, sulla base del maggior valore definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale non è legittimo, ribadendo la natura interpretativa della norma introdotta nel 2015, avente valore quindi anche per il passato.

E con la sentenza n. 13571 del 30 maggio 2017, la Corte di Cassazione è ritornata sulla questione (nel caso di specie, l’impugnazione investe l'avviso di accertamento notificato ai fini Irpef in relazione alla plusvalenza realizzata per la cessione di un terreno edificabile e calcolata in base al valore accertato ai fini dell'imposta di registro. Per la Corte, l'illegittimità della determinazione della base imponibile sulla base del valore separatamente determinato dall'ufficio ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, discende dallo ius superveniens rappresentato dall’art. 5, comma 3, del D.lgs. 14 settembre 2015, n. 147 e dà continuità al principio secondo cui “la norma è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso atteso l'intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da Corte Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative. Peraltro, anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, è certo che se il riferimento alla interpretazione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia l'intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che è proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel comma 4 del citato art. 5, laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative): circostanza, questa, che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l'intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi (così, in motivazione, Cass., 15/04/2016, n. 7488; v. anche Cass. 10/02/2017, n. 3590)”2.

E da ultimo, con l’ordinanza n. 9513 del 18 aprile 2018 i giudici di piazza Cavour hanno ribadito che Il maggior valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro non rileva sulle imposte dirette neanche per il passato.

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1La norma investe, altresì, anche la plusvalenza dichiarata a seguito di cessione d’azienda – art.86, del T.U.n.917/86 -.
2Tuttavia, i massimi giudici, “considerato che l'esito della causa discende dall'applicazione di norma che, ancorché dichiaratamente interpretativa, ha indubbia portata innovativa del quadro giurisprudenziale preesistente (invero, consolidato da oltre un decennio nel senso di ritenere l'Amministrazione finanziaria legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento della plusvalenza di cessione di un terreno edificabile sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, salva per il contribuente la facoltà e l'onere della prova contraria: v. e pluribus Cass., nn. 13823/2014; 14571/2013; 5070/2011, 22793/2010; 4057/2007)”, ravvisano i presupposti per la compensazione tra le parti delle spese processuali.
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