Con la Circolare n. 3 del 6 febbraio 2018 Assonime è intervenuta illustrando le modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2018 (comma. 87, lett. a)) all’imposta di registro (art. 20 DPR n. 131/1986). Volendo sintetizzare i principi che emergono dal citato documento di prassi sono riconducibili a due, ossia: natura interpretativa (e non innovativa) dell’art. 20 del richiamato DPR e rinvio alle norme antielusive di cui all’art. 10-bis della Legge n. 212/2000.
Per prima cosa, Assonime richiama il presupposto dell’imposta in commento individuabile nella qualificazione e successiva registrazione di un atto giuridico da cui scaturisce la liquidazione del tributo (che può essere in misura fissa o proporzionale). Come rilevato, dunque, l’imposta non colpisce un atto in quanto tale ma il fatto che questi produce una serie di effetti giuridici (e non anche economici).
La Legge di bilancio 2018 – Con il comma 87 lett. a) della manovra di quest’anno si modifica la norma sulla interpretazione degli atti nell’applicazione dell’imposta di registro, al fine di chiarire che per individuare la tassazione da applicare all’atto presentato per la registrazione non devono essere considerati elementi interpretativi esterni all’atto stesso ovvero contenuti in altri negozi giuridici collegati a quello da registrare, come, invece, diversamente hanno fatto fino a prima sia l’Agenzia delle Entrate sia la Giurisprudenza.
In particolare, si modifica la norma che dispone che l'imposta di registro è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente (articolo 20 del D.P.R. n. 131 del 1986). In primo luogo si fa riferimento all’atto presentato, in luogo che agli atti. In secondo luogo si chiarisce che l’interpretazione deve avvenire sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati.
Come si legge nel dossier alla manovra, tale norma è considerata dalla recente giurisprudenza della Cassazione non come una disposizione antielusiva: pertanto è riconosciuta all’amministrazione finanziaria la possibilità di riqualificare come cessione d’azienda il conferimento di beni in una società e la successiva cessione di quote della stessa, a prescindere dall’intento elusivo (Cass. n. 22492/2014 e da ultimo Cass. civ. Sez. V, 12 maggio 2017, n. 11873). Nella sentenza n. 2054/2017, invece, la Cassazione ha ammesso la riqualificazione delle operazioni poste in essere dai contribuenti solo qualora il Fisco dimostri l’intento elusivo. In sostanza, la norma limita l’attività riqualificatoria dell’amministrazione finanziaria posta in essere sulla base dell’articolo 20 del Testo unico dell’imposta di registro. Poiché, come già detto, essa potrà essere svolta unicamente sulla base degli elementi desumibili dall'atto sottoposto a registrazione, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati.
Il pensiero di Assonime – Secondo l’Associazione, uno degli effetti più importanti delle modifiche è proprio il venir meno della possibilità di contestare la neutralità di operazioni di riorganizzazione finalizzate semplicemente a un riassetto societario. Nel documento di cui in premessa si legge espressamente quanto segue: “Cogliamo l’occasione per sottolineare come la recente prassi degli uffici sviluppatasi nella vigenza della precedente formulazione dell’art. 20 (d.P.R. n. 131/1986), sia arrivata, in alcune occasioni, a considerare alla stregua di trasferimenti di aziende a titolo oneroso anche operazioni che in nessun modo, a nostro avviso, potrebbero ricondursi a questa fattispecie, nemmeno aderendo all’interpretazione più ampia dell’art. 20, così come risultante da tale precedente formulazione; e cioè della tesi – ripetiamo – secondo cui questa norma avrebbe avuto sino ad oggi il significato di permettere la tassazione di un atto sulla base degli effetti economici desumibili dalla combinazione di questo atto con altri”.
Non è pacifico, secondo Assonime che questo tipo di operazioni possano essere riqualificate come cessioni di azienda a titolo oneroso, trattandosi di operazioni “che non hanno alcun effetto realizzativo delle plusvalenze latenti dei compendi aziendali ricollocati nel gruppo e, quindi, non si comprende quale tipo di abuso sia stato in questo modo commesso. A tale conclusione si dovrebbe, dunque, pervenire prescindendo dalla natura innovativa o interpretativa delle nuove disposizioni. In altri termini, anche applicando la disciplina precedente le modifiche introdotte dalla legge di bilancio, così come interpretata dalla Cassazione, si ritiene che questi accertamenti non abbiano un reale fondamento giuridico e andrebbero, quindi, annullati in autotutela dall’Amministrazione finanziaria”.
Infatti, poiché per Assonime la novella legislativa non ha nulla di innovativo ma solo una finalità interpretativa, è da ritenersi che la riforma possa trovare applicazione anche su atti con data antecedente il 2018 purché su di essi non ci sia stato già accertamento definitivo.
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