Se il datore di lavoro non ha effettuato il versamento dei contributi al fondo di previdenza complementare e abbia comunque ridotto il proprio onere contributivo omettendo i versamenti dovuti al Fondo di garanzia si configura una violazione di legge che legittima il recupero degli sgravi contributivi eventualmente fruiti. Lo ha chiarito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con la
Nota n. 1436 del 17 febbraio 2020, in risposta al quesito formulato dall’ITL di Milano Lodi.
Natura privatistica della previdenza integrativa – Preliminarmente, l’INL precisa che la previdenza complementare è un sistema di previdenza privata che consente di integrare la pensione obbligatoria (o pensione di base) con versamenti volontari. In merito, la giurisprudenza ha chiarito la sostanziale differenza tra previdenza obbligatoria (ex lege) e quella integrativa (ex contractu) individuandola “
nel carattere generale, necessario e non eludibile delle tutele del primo tipo, a fronte della natura eventuale delle garanzie del secondo (…)” (Cass. Civ., sez. un., Sent. n. 4684/2015).
La natura privatistica della previdenza integrativa emerge dal meccanismo di adesione del lavoratore, che è
libero e volontario e dalle modalità di alimentazione del fondo, al quale contribuiscono i destinatari della prestazione ed il datore di lavoro. L’adesione del lavoratore alla forma pensionistica complementare determina l’insorgenza, per il datore di lavoro, dell’obbligo contributivo a favore del medesimo fondo.
L’ipotesi del mancato versamento di parte dei contributi previsti dalle fonti istitutive del fondo prescelto integra, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, un
inadempimento contrattuale del datore di lavoro che “dopo aver sottoscritto la domanda del lavoratore di adesione ad un Fondo di previdenza complementare ed aver effettuato le relative trattenute sulla retribuzione dovuta al lavoratore stesso, ometta di versare dette somme in favore del fondo” (Trib. Roma, sez. lavoro, Sent. n. 10489/2016).
Pertanto,
il lavoratore potrà agire innanzi al giudice civile per la tutela della propria posizione contrattuale.
Profili ispettivi - Sotto il profilo ispettivo, richiamando la decisione delle Sezioni Unite del 9 marzo 2015, n. 4684 - che ha definitivamente
escluso la natura retributiva del contributo integrativo posto a carico del datore di lavoro dai contratti e accordi collettivi
riconoscendone, invece, la natura esclusivamente previdenziale - l’INL evidenzia
l’impossibilità di adottare la diffida accertativa di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 in relazione ai versamenti che il datore di lavoro non abbia effettuato.
Ciò peraltro anche in considerazione del fatto che il richiamato art. 12 fa riferimento ai “crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro” mentre,
nel caso in esame, il creditore dell’obbligazione contributiva è il fondo di previdenza complementare e
non il lavoratore.
A parere dell’Ispettorato, si configura, invece, un’ipotesi di violazione dell’art. 1, comma 1175, della
L. n. 296/2006, secondo il quale “
a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge (…)”.
Pertanto, laddove il datore di lavoro non abbia effettuato il versamento dei contributi nella misura di cui sopra al fondo di previdenza complementare e abbia comunque ridotto il proprio onere contributivo omettendo i versamenti dovuti al Fondo di garanzia si configura una violazione di legge che legittima il recupero degli sgravi contributivi eventualmente fruiti in applicazione del suddetto art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006.
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