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Per i fabbricati D privi di rendita una quota IMU è anche dello Stato

Autore: Pasquale Pirone
IMU e TASI sono due tributi che finiscono esclusivamente nelle casse comunali (ed in particolar modo nella casse erariali del comune in cui l’immobile oggetto del versamento è ubicato). Fa eccezione solo una categoria di immobili, per i quali, esclusivamente con riferimento all’IMU, il gettito è condiviso con lo Stato. Stiamo parlando dei fabbricati appartenenti al gruppo catastale D non iscritti in catasto e di conseguenza privi di rendita catastale, posseduti interamente da imprese e distintamente contabilizzati. Si tratta di quelli appartenenti alle categorie catastali da D/1 a D/10 (quindi, ad esempio, opifici; fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni; fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni; ecc.).

La base imponibile – Per tali immobili, non disponendo di una rendita catastale, la base imponibile IMU e TASI è calcolata secondo le regole previste dall’art. 5, comma 3 del D.Lgs. n. 504/1992, ai sensi del quale questa è determinata - alla data d’inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione – dal valore, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili, applicando i coefficienti di rivalutazione determinati annualmente con apposito Decreto Ministeriale.

Ai fini del calcolo, occorre considerare il costo originario di acquisto/costruzione compreso il costo del terreno; le spese incrementative; le rivalutazioni economico/fiscali, eventualmente effettuate; gli interessi passivi capitalizzati; i disavanzi di fusione, il tutto come risultante dalle scritture contabili al 1° gennaio dell’anno in riferimento al quale sono dovute IMU e TASI (Circolare n. 6/DF/2013). Tali costi vanno poi moltiplicati per i coefficienti di rivalutazione in vigore per l’anno in cui il costo stesso è stato sostenuto.

Con riferimento a questi ultimi, quest’anno sono stati aggiornati con il Decreto MEF 19 aprile 2018 nelle misure indicate nella tabella in fondo.

Il gettito a favore dello Stato – Come detto in premessa, solo con riferimento all’IMU (e non anche alla TASI), per i fabbricati in commento il gettito è suddiviso tra Stato e Comune, ecco perché sono previsti anche due distinti codici tributo per il versamento.

In particolare, la normativa prevede che dall’anno 2013 è riservato allo Stato il gettito dell’IMU derivante dagli immobili a uso produttivo classificati nel Gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76. Se il comune, per questi fabbricati, ha deliberato negli anni un’aliquota maggiore rispetto allo 0,76, la differenza di gettito corrispondente rimane al Comune. Se, dunque, ad esempio il comune ha fissato un’aliquota IMU per tali fabbricati nella misura dell’1% e dal calcolo dell’acconto IMU 2018 viene fuori che occorre versare 1.000 euro, significa che 760 euro (il 76% di 1.000) dovrà finire nelle casse dello STATO ed i restanti 240 euro in quelle comunali.

Nel compilare l’F24 occorrerà, quindi, indicare due distinti codici tributi di cui uno identifica la quota (IMU) statale (il codice tributo è 3925) e l’altro la quota comunale (il codice tributo è 3930).


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