La disciplina in materia di esenzione dai dazi antidumping prevede sempre la necessità della preventiva autorizzazione. In particolare, le importazioni di parti essenziali di biciclette sono esonerate dal pagamento del dazio esteso qualora siano ammesse nell'ambito del controllo della destinazione particolare e l'esenzione è comunque condizionata al controllo della destinazione particolare. Ritenere che la sola circostanza che l'importatore abbia rispettato il limite quantitativo del regolamento di esenzione sia sufficiente per concludere che le altre condizioni sono soddisfatte, equivarrebbe a rendere lettera morta l'imposizione dell'autorizzazione preventiva.
Il caso - La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 29533 del 16/11/2018, ha risolto un complesso contenzioso doganale, affermando considerazioni che meritano di essere evidenziate.
Nel caso di specie, l'Agenzia delle Dogane contestava ad una società la non corretta dichiarazione della merce importata dalla Repubblica Popolare Cinese, costituita da parti di biciclette, per l'assenza della prescritta autorizzazione alla destinazione particolare, e dunque con inapplicabilità dell'esenzione dal dazio antidumping.
L’Agenzia procedeva quindi, con avviso di rettifica, a recuperare il cd. dazio esteso e ad irrogare le conseguenti sanzioni.
Le impugnazioni proposte dalla contribuente avverso gli avvisi erano rigettate dalla Commissione Tributaria Provinciale con sentenza poi confermata dal Giudice d'appello.
La società contribuente ricorreva infine per cassazione, denunciando, in particolare, violazione e falsa applicazione dell'art. 14 Regolamento 88/97/CE, per aver la CTR ritenuto la necessità della preventiva autorizzazione in caso di importazioni al di sotto della soglia di 300 pezzi al mese.
La ricorrente formulava, inoltre, istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia, ex art. 267 TFUE, al fine di valutare se, nella situazione in giudizio, le importazioni potessero usufruire dell'esenzione, ove effettuate con le modalità dell'autorizzazione semplificata di cui all'art. 292, commi 3 e 4, Regolamento n. 2454/93, quando interessano un'unica amministrazione doganale.
La decisione – La censura, secondo la Suprema Corte, era infondata.
Evidenziano infatti i Giudici di legittimità che la disciplina in questione prevede, in termini chiari e lineari (come anche recentemente statuito da Cass. n. 14582 del 06/06/2018), la necessità della preventiva autorizzazione per poter fruire del regime di esenzione dal dazio antidumping; laddove, in particolare:
- l'art. 82 del Codice Doganale Comunitario, prevede che la merce, in caso di importazione in esenzione in ragione dell'utilizzazione «per fini particolari», resta «soggetta a vigilanza doganale», sicché, in forza dell'art. 292 disp. att. CDC, «è necessaria una autorizzazione scritta»;
- il quarto considerando del Reg. CE n. 88 del 1997 prevede che «le importazioni di parti essenziali di biciclette sono esonerate dal pagamento del dazio esteso qualora siano ammesse nell'ambito del controllo della destinazione particolare», mentre l'art. 2 del Reg. cit. espressamente condiziona l'esenzione «al controllo della destinazione particolare conformemente all'articolo 14»;
- il citato art. 14, infine, espressamente prevede che «Le importazioni di parti essenziali di biciclette dichiarate per l'immissione in libera pratica da un soggetto che non sia esentato, a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento di riferimento sono esentate dall'applicazione del dazio esteso se sono dichiarate in conformità della struttura Taric di cui all'allegato III e delle condizioni di cui all'articolo 82 del Regolamento (CEE) n. 2913/92 e agli articoli da 291 a 304 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 che si applicano in quanto compatibili nei casi seguenti:
-
a) consegna di parti essenziali di biciclette ad una parte esentata a norma degli articoli 7 o 12,
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b) consegna di parti essenziali di biciclette ad un altro titolare di un'autorizzazione in conformità dell'articolo 291 del Regolamento (CEE) n. 2454/93, oppure
-
c) dichiarazione, su base mensile, di un quantitativo inferiore alle 300 unità per tipo di parti essenziali di biciclette per l'immissione in libera pratica da una parte o sia ad essa consegnato. Il numero di parti essenziali di biciclette dichiarate da una parte, oppure consegnate ad una parte qualsiasi, viene calcolato con riferimento al numero di parti di biciclette dichiarate o consegnate a tutte le parti associate o legate da accordi di compensazione con detta parte».
Il termine "oppure", evidenziano i Giudici, su cui la ricorrente fondava la propria tesi, non ha peraltro alcun valore di alternatività, ma significa solo che le ipotesi, pur diverse, non sono diversificate, ma sono oggetto del medesimo trattamento, poiché postulano tutte, ai fini dell'esenzione, l'esistenza delle condizioni e dei requisiti previsti dai Regolamenti 2913/92 e 2454/93.
Tale interpretazione, del resto, sottolinea ancora la Corte, ha trovato pieno conforto nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, con la Sentenza 29 luglio 2010, C-371/09, proprio con riguardo al dazio per l'importazione di parti di biciclette, ha affermato la necessità dell'autorizzazione, non surrogabile dal mero riscontro dei presupposti materiali per il suo rilascio.
Ritenere che la sola circostanza che l'importatore abbia rispettato il limite quantitativo di cui all'art. 14, lett. c), del regolamento di esenzione sia sufficiente per concludere che «le altre condizioni per l'applicazione» sono soddisfatte, equivarrebbe a rendere lettera morta l'imposizione della condizione dell'autorizzazione preventiva.
Anche considerato che, dato che il citato articolo prevede un'esenzione dai dazi antidumping, lo stesso va comunque interpretato restrittivamente (v. anche Corte di Giustizia, Sentenza 17 settembre 2014, C-3/13).
La CTR, pertanto, non era incorsa nel lamentato errore di diritto, dovendosi ritenere l'irrilevanza del quantitativo (più o meno di 300 unità) ai fini dell'autorizzazione, che resta sempre necessaria.
E per tali motivi andava anche disattesa l'istanza di rinvio pregiudiziale, atteso l'univoco orientamento della Corte di Giustizia.
L’autorizzazione semplificata - Né era infine rilevante, sul punto, il richiamo all'istituto dell'autorizzazione semplificata.
L'art. 292, commi 3 e 4, del Regolamento n. 2454/93/CE, infatti, stabilisce che:
«3. In circostanze particolari le autorità doganali possono accettare che la dichiarazione di immissione in libera pratica presentata per iscritto o attraverso un metodo di elaborazione dei dati utilizzando la normale procedura costituisca una richiesta di autorizzazione, purché
-
la domanda interessi una sola amministrazione doganale,
-
il richiedente assegni tutta la merce alla destinazione particolare prevista, e
-
sia assicurato il corretto svolgimento delle operazioni.
4. Se le informazioni fornite nella domanda sono considerate insufficienti, le autorità doganali possono chiedere ulteriori precisazioni al richiedente.
In particolare, se la richiesta può essere effettuata mediante presentazione della dichiarazione doganale, le autorità doganali richiedono, fatto salvo l'articolo 218, che la domanda sia accompagnata da un documento compilato dal dichiarante in cui siano indicate almeno le seguenti informazioni, a meno che esse non siano ritenute superflue o non siano inserite nella dichiarazione doganale:
a) nome e indirizzo del richiedente, del dichiarante e dell'operatore;
b) natura della destinazione particolare;
c) descrizione tecnica delle merci e dei prodotti derivante dalla loro destinazione particolare e i mezzi per identificarli;
d) tasso di rendimento previsto o modalità per la sua determinazione;
e) termine previsto per l'assegnazione delle merci alla loro destinazione particolare;
f) luogo in cui le merci sono assegnate alla destinazione particolare».
Le norme invocate, dunque, rileva la Cassazione, richiedono una varietà di condizioni e adempimenti e, prima tra tutte, la richiesta dell'importatore, che, nel caso di specie, era assente, avendo la contribuente ritenuto di non dover chiedere alcuna autorizzazione.