La corte di Cassazione, con
sentenza n. 12211/2019 depositata in data 19/03/2019, individua un ben preciso principio di diritto, per il quale la prova dei fatti costitutivi di un reato tributario, può essere raggiunta anche in assenza di prove documentali.
In particolare, a carico dell'imputato era stato contestato il reato di cui all'art. 8 D.lgs. n. 74/2000 per avere emesso fatture per operazioni inesistenti, nei confronti di un circolo sportivo nel periodo intercorso tra gli anni 2006 e 2009.
La corte d'Appello di Bologna, riformava in parte la sentenza di condanna del tribunale di Rimini, rideterminando la pena complessiva per le contestazioni oggetto del procedimento, dichiarando, altresì, l’intervenuta prescrizione per uno dei titoli di reato ascritti all'imputato.
Quest'ultimo, pertanto, ritenendosi comunque leso nei propri diritti da tale decisione, ricorreva per Cassazione con apposito atto.
Sul punto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, deduceva il ricorrente l'integrale assenza di ogni sua responsabilità, dato che la colpevolezza e la configurazione del fatto erano state desunte esclusivamente attraverso l'esame di alcune prove testimoniali; le quali dato il loro carattere intrinseco non erano di per sé idonee a dare la prova certa dell'effettivo svolgimento di un’attività criminosa da parte dell'imputato.
Il procedimento, dopo avere esaurito il proprio corso, veniva deciso da parte degli ermellini.
La motivazione della sentenza, infatti, prende posizione sulla delicata questione del valore delle prove testimoniali nel caso di contestazione del reato previsto dall'art. 8 del D.lgs. n. 74/2000 consistente nell'emissione di documentazione contabile per operazioni in realtà inesistenti.
Nel corso del procedimento, scrivono gli ermellini, nella motivazione della sentenza, la mancata rispondenza al vero della documentazione contabile era stata dedotta dalle dichiarazioni dei soci del circolo rese nel corso della fase istruttoria.
Orbene, osservano i giudici della corte suprema, le predette affermazioni provenienti da numerosi testi erano di per sé idonee a potere ritenere provato il fatto; tutti i soci del circolo escussi, infatti, avevano reso dichiarazioni del tutto conformi e dello stesso segno, dalle quali in maniera indiscussa poteva essere desunto il carattere fraudolento delle operazioni, le quali in realtà non avevano mai avuto alcuna esecuzione ed erano del tutto inesistenti.
Non solo, osservano ancora gli ermellini come il ricorrente non deducesse alcuna prova a sostegno della propria tesi difensiva, circa l'assenza di colpevolezza, ed inoltre che dall'esame della complessiva situazione di fatto, sicuramente non era possibile ricavare elementi a favore della tesi dell'imputato.
Infatti, la documentazione contabile riguardava attività di carattere pubblicitario, asseritamente svolta a favore del circolo sportivo, orbene tali attività, si legge nella motivazione della sentenza qui in commento, non erano idonee a giustificare importi tanto consistenti, come quelli indicati nelle fatture emesse dall'imputato.
Il fatto oggetto della contestazione può ritenersi provato, ed altresì giustificata la condanna dell'imputato, anche in assenza di una prova documentale; il principio della presunzione di non colpevolezza posto dall'art 27 della Costituzione, nel caso di specie è stato integralmente osservato da parte dei giudici di merito, con la piena tutela del diritto di difesa dell'imputato.