29 ottobre 2018

Quota 100: possibili penalizzazioni per i dipendenti pubblici

Autore: Mattia Gigliotti
Leggendo l’ultima bozza della Legge di Bilancio è possibile apprendere che: “Al fine di dare attuazione ad interventi in materia pensionistica […] è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani», con una dotazione pari a 6.700 milioni di euro per l'anno 2019 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Con appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse di cui al primo periodo del presente comma, che costituiscono il relativo limite di spesa, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti.”

Nel testo della bozza, dunque, oltre alla dotazione finanziaria non viene ancora indicato come si procederà per dare attuazione all’intervento di riforma. Allo stato attuale, quello che si sa è che dovrebbe essere confermato il requisito minimo dei 62 anni di età e 38 anni di contributi e che la misura potrebbe essere introdotta in maniera graduale, di conseguenza, per avere riferimenti normativi certi bisognerà attendere notizie ufficiali.

Intanto si apprende che il “quota 100” dovrebbe essere inserito in un apposito ddl collegato alla manovra, denominato “pacchetto pensioni”, al quale il governo sta lavorando. Pertanto la riforma prevista dal “quota 100” verrà attuata successivamente rispetto alla legge di Bilancio, che dovrà, invece, essere approvata entro fine anno.

Sulla base della bozza in circolazione, i lavoratori pubblici che maturano i requisiti previsti dal “quota 100” (ovvero un minimo di 62 anni di età e 38 di contributi) entro il 31 dicembre 2018, potranno avere l'assegno pensionistico a partire dal primo luglio 2019. Se, invece, i requisiti verranno maturati successivamente, il diritto alla decorrenza dell'assegno sarà maturato dopo sei mesi. Per il personale della scuola la finestra è annuale.
Più “fortunati” i lavoratori del settore privato. Per loro è prevista una “finestra mobile" di tre mesi. In particolare, chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2018 riscuoterà l’assegno a partire dal 1° aprile 2019, mentre chi li matura a partire dall'anno prossimo avrà la pensione trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti.
I dipendenti pubblici potrebbero, tuttavia, subire altre penalizzazioni. Infatti, si paventa l’ipotesi di estendere ulteriormente i tempi per la liquidazione del TFR/TFS ai dipendenti pubblici che ricorrono alla “quota 100”, fissando il pagamento della prima rata della liquidazione al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero 67 anni a partire dal 2019.
Col superamento della Legge Fornero, infatti, all’aumento della spesa previdenziale si andrebbero ad aggiungere i costi che lo Stato dovrà sostenere per liquidare il TFR dei dipendenti pubblici che andranno in pensione nel 2019. Spesa per la quale bisognerà individuare le risorse necessarie e per le quali - se si tiene conto del consistente numero di potenziali pensionamenti che dovrebbe comportare il sistema quota 100 nel settore pubblico (circa 160.000) - ci potrebbero essere delle importanti ripercussioni economiche per le casse dello Stato, tanto che la riforma previdenziale rappresenta la misura che più spaventa la Commissione europea, preoccupata per la tenuta dei conti pubblici.

Il motivo della preoccupazione deriva dal fatto che, in base a quanto disposto dal Decreto Salva Italia del 2011 e dalla Legge di Stabilità del 2014, attualmente - per ricevere il pagamento della liquidazione - i pubblici dipendenti devono attendere 24 mesi (ai quali si aggiungono altri 3 mesi di tolleranza) nel caso in cui abbiano cessato il servizio per dimissioni volontarie o in caso di pensionamento anticipato (come prevede appunto quota 100). Tempi che si riducono a 12 mesi per chi ha raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia e a 105 giorni per chi è stato dispensato per inabilità o in caso di decesso.
Pertanto, laddove la misura in commento entrasse a regime, lo Stato - fra due anni - potrebbe dover sostenere dei costi inizialmente non previsti dal momento che, per tutti i lavoratori pubblici che andranno in pensione nel 2019, bisognerà affrontare oltre alla spesa necessaria all’erogazione delle pensioni anche quella prevista per il pagamento del TFR o TFS.

A tal proposito – sulla base delle indiscrezioni che circolano sulla stampa - si apprende che, per far quadrare i conti, il governo avrebbe intenzione di prolungare i tempi di pagamento della liquidazione per i dipendenti pubblici fissando il pagamento della prima rata della liquidazione al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (67 anni a partire dal 2019).

Di conseguenza, chi avrà maturato i requisiti per andare in pensione con “quota 100” già al compimento del 62° anno di età dovrà attendere fino a 5 anni prima di ricevere la liquidazione (a differenza dei 27 mesi attualmente previsti) visto che l’amministrazione gli pagherà quanto spettante solamente alla soglia dei 67 anni.
In alternativa, anziché penalizzare i dipendenti pubblici, il governo potrebbe ricorrere all'aiuto delle banche, pagando le liquidazioni ricorrendo a un anticipo bancario che verrebbe poi restituito, dallo stesso Tesoro, in 5 anni.

Tuttavia, lo ribadiamo, si tratta solamente di ipotesi perché ancora non c’è nulla di definitivo e tutto è in divenire.
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