7 luglio 2018

Raddoppio termine accertamento. Sufficiente obbligo di denuncia penale

Cassazione Tributaria, ordinanza depositata il 6 luglio 2018

Autore: Paola Mauro
La Corte di Cassazione – Sez. VI-T, Ord. n. 17782/2018 – ha ribadito che il c.d. raddoppio dei termini per l’esercizio dell’attività accertatrice da parte dell’A.F. opera in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che con riguardo agli avvisi per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015.

I Massimi giudici hanno confermato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania che ha ritenuto legittimo un avviso di accertamento per II.DD. e IVA, relative all’anno 2007.

Il contribuente ha dedotto la nullità dell’atto impositivo sulla scorta di due rilievi: la mancata attivazione del contradditorio endoprocedimentale e la notifica oltre il termine decadenziale.
  • Riguardo alla seconda censura, la CTR partenopea ha ritenuto applicabile la disciplina speciale del c.d. “raddoppio dei termini” in caso di violazioni penali connesse alla verifica fiscale amministrativa e non retroattiva la nuova disciplina evocata dal contribuente (art. 1, comma 132, L. n. 208/2015).
  • Per quanto riguarda, invece, la seconda eccezione, la CTR, in applicazione dell’insegnamento delle Sezioni Unite (Sent. n. 24283/2015), ha affermato che, trattandosi di accertamento “a tavolino”, per le II.DD. l’Ufficio non era tenuto ad attivare il contradditorio preventivo, mentre, per la pretesa IVA, ha avuto esito negativo la c.d. “prova di resistenza”.

Ebbene, la decisione del Giudice regionale ha trovato piena conferma presso gli Ermellini.

In particolare, la Suprema Corte ha rilevato che, nel caso di specie, i fatti accertati in sede istruttoria amministrativa profilavano la sussistenza di reati ex D.Lgs. n. 74/2000 e perciò la CTR ha correttamente ritenuto applicabile la disciplina del “raddoppio dei termini” secondo le “linee guida” tracciate da recenti arresti giurisprudenziali in materia, che hanno espressamente escluso la retroattività dello “ius superveniens”.

È stato chiarito, infatti, che «in tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l'IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l'IVA sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza. Ciò, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla legge n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell'ambito applicativo del precedente regime transitorio - non oggetto di abrogazione - di cui all'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell'atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015» (Cass. trib., Sent. n. 26037/2016).

Il ricorso del contribuente, in conclusione, è stato respinto.
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