28 giugno 2018

Regime dei costi per l’ottenimento/adempimento del contratto: orientamento FNC

Autore: Pietro Mosella
Nel documento di ricerca della Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC) del 14 giugno 2018 recante “Lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale: profili contabili e fiscali alla luce della ‘nuova’ derivazione rafforzata”, sono state analizzate le regole (nazionali e internazionali) previste per la contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale e, di conseguenza, sono stati affrontati i riflessi sulla determinazione della base imponibile IRES.

Sotto il profilo fiscale, relativamente alla disciplina ai fini IRES per i soggetti IAS/IFRS adopter, è stata posta l’attenzione anche sul regime dei costi per l’ottenimento/adempimento del contratto.

In merito al trattamento fiscale dei costi incrementali sostenuti per l’ottenimento del contratto nonché per l’adempimento dello stesso, l’IFRS 15, al par. 91, dispone che «l'entità deve contabilizzare come attività i costi incrementali per l'ottenimento del contratto con il cliente, se prevede di recuperarli».
Inoltre, il par. 95 specifica che «se i costi sostenuti per l'adempimento del contratto con il cliente non rientrano nell'ambito di applicazione di un altro Principio (per esempio, IAS 2 Rimanenze, IAS 16 Immobili, impianti e macchinari o IAS 38 Attività immateriali), l'entità deve rilevare come attività i costi sostenuti per l'adempimento del contratto soltanto se i costi soddisfano tutte le condizioni seguenti:

a) i costi sono direttamente correlati al contratto o ad un contratto previsto, che l'entità può individuare nello specifico (può trattarsi, per esempio, dei costi sostenuti per servizi da fornire nel quadro del rinnovo del contratto vigente o per la progettazione di un'attività da trasferire secondo un contratto specifico non ancora approvato);
b) i costi consentono all'entità di disporre di nuove o maggiori risorse da utilizzate per adempiere (o continuare ad adempiere) le obbligazioni di fare in futuro, e
c) si prevede che i costi saranno recuperati».


Come fa notare la FNC nel documento di ricerca, l’articolo 1 del D.M. 10 gennaio 2018, rinvia alle modalità di deduzione previste dal comma 1 dell’articolo 108 del TUIR, consentendo, quindi, la deducibilità di tali costi “nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio” e fugando ogni dubbio in merito all’applicabilità alla fattispecie in esame dell’articolo 103 del TUIR, in materia di ammortamento dei beni immateriali.

Nel documento in esame, la FNC ha ricordato che, in dottrina, l’applicazione della disposizione sopra citata, può determinare qualche incertezza nell’ipotesi non di ammortamento, ma di svalutazione dell’attività per l’ottenimento/adempimento del contratto.

In tal caso, infatti, l’imputazione a conto economico di competenza sintetizza - come la stessa Fondazione ha osservato - due diversi fenomeni:
  • l’ammortamento di periodo, vale a dire la quota di costo pluriennale che trova corrispondente e correlato ricavo nella contabilizzazione del corrispettivo contrattuale;
  • la svalutazione dell’attività in parola che, a causa della (intervenuta) incapacità del corrispettivo di remunerare i costi, non può correlarsi al successivo trasferimento al cliente di beni/servizi e rappresenta un onere per l’esercizio in corso.

La FNC osserva, altresì, che i due fenomeni reddituali in questione (l’ammortamento e la svalutazione), sono due modalità di rilevazione della partecipazione di un costo pluriennale alla formazione del reddito molto simili (ancorché diversamente trattati dalla disciplina fiscale).
A tal proposito, l’Amministrazione Finanziaria, in diversi documenti di prassi, pur confermando l’irrilevanza fiscale delle svalutazioni, ha sottolineato come il fenomeno della svalutazione, rappresenti una diversa modalità con cui si manifesta nel tempo il “consumo” di un costo pluriennale.

In tal modo, le svalutazioni degli attivi patrimoniali, pur non assumendo autonoma e immediata rilevanza fiscale, assicurano la deduzione di ammortamenti (quantomeno) nei tempi previsti dall’originaria vita utile.

Nel documento di ricerca, però, si osserva che detto principio non sembra applicabile all’ipotesi in esame, atteso che l’articolo 1 del D.M. 10 giugno 2018 richiama per la deduzione di siffatti costi l’articolo 108 del TUIR e non l’articolo 103 del TUIR.

Ciò, in quanto quest’ultima disposizione riguarda gli ammortamenti, ma l’articolo 108 del TUIR consente la deduzione delle spese relative a più esercizi “nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio”.

Tale principio – si afferma ancora nel documento della FNC - dovrebbe potersi applicare anche nell’ipotesi di svalutazione per perdita durevole di valore dell’attività generata dalla capitalizzazione dei costi per l’ottenimento/adempimento del contratto prevista dall’IFRS 15.

Ciò, viene spiegato in quanto, nella fattispecie in esame, il problema non risiede tanto nell’individuazione/modifica della vita utile dell’attività pluriennale (facilmente individuabile nella durata del contratto), quanto nel riconoscimento ai fini fiscali dell’importo imputato a conto economico.

Secondo il documento in commento, infine, “un’applicazione ortodossa dei principi sopra ricordati, porterebbe, così, a disconoscere la valenza fiscale della svalutazione e, quindi, a gestire in doppio binario, come peraltro accade per ogni ipotesi di svalutazione fiscalmente non riconosciuta, il valore civile e fiscale dell’onere pluriennale in questione”.

Per concludere, la FNC, nello specifico, prospetta che, applicando per analogia la prassi richiamata (riferimento alle modalità di deduzione degli ammortamenti successivi ad una svalutazione di cui alle Circolari n. 27/2009 e n. 26/2012), “l’ammortamento fiscale dell’attività in parola – si legge - sarebbe effettuato sul costo al lordo della svalutazione mediante opportune variazioni in diminuzione pari alla differenza tra l’importo imputato a conto economico e la maggiore quota che sarebbe stata imputata se la svalutazione non fosse mai stata operata”.
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